Nonne, madri, figlie: catarsi di Terranova tra passato e presente

Incanta e sgomenta la scrittura di Nadia Terranova in “Quello che so di te”, suo quarto romanzo. Un presente che risente degli echi del passato, una bisnonna ricoverata in manicomio, un’indagine tra ricerca di documenti e Mitologia Familiare. Un modo di attraversare fragilità e dolore, estirpandone i sensi di colpa. Un’occasione per riflettere, tra autobiografia e invenzione, sui momenti bui e gli slanci di euforia dell’essere madre…

La Mitologia Familiare diventa un romanzo in cui la maternità viene declinata in storie stratificate che si sovrappongono, si incontrano anche in piani temporali diversi, intrecciati come fili di una stessa trama. Ieri e oggi, un presente che risente degli echi del passato a cui tende l’orecchio mettendosi in ascolto, cercando di decifrarne il ritmo del tempo, della vita e dell’amore. Il quarto romanzo di Nadia Terranova, Quello che so di te (256 pagine, 19 euro), edito da Guanda, è la storia di Venera, la bisnonna dell’autrice, che compare nei racconti familiari, spesso vaghi e imprecisi, ma anche nei sogni della Terranova come «una donna minuta e silenziosa sulla soglia di un manicomio che sarebbe diventato un esilio».

Tra gli archivi del Mandalari

La ricostruzione della Mitologia Familiare, a volte confusa e altre precisa e lucida, è accompagnata dalla ricerca di documenti e cartelle cliniche tra gli archivi del Mandalari, l’ospedale dove era stata ricoverata la bisnonna. È la storia di una madre, il sopraggiungere di un evento tragico, una caduta accidentale, la perdita di una figlia appena nata o mai nata, una maternità non vissuta che stravolge, diventa soglia, porta per varcare le mura della pazzia. Nell’indagare le motivazioni che portarono Venera dentro quelle mura, lontano dalle sue due figlie piccole, c’è forse la perdita di una terzogenita? E qui che Mitologia familiare e ricostruzione oggettiva si mescolano e si confondono nella narrazione, che assorbe le sfumature di simboli e segni, di numeri e stagioni che si ripetono nelle sequenze del DNA familiare, soglie e tappe che ritornano, un prima e un dopo da ricostruire. L’autrice segue le tracce dei documenti d’archivio, ma ricorre alla Mitologia Familiare, la interroga, ne analizza le risposte, le contraddizioni, il non detto e il taciuto, la memoria e la storia.

Le pieghe più intime

Ricostruire la vita di Venera significa rimettere insieme i pezzi di esistenze di donne legate da un filo rosso: l’essere madri, l’essere figlie. La bisnonna, la nonna, sua madre e l’autrice, figlia e madre a sua volta. E così la narrazione diventa occasione per dar voce all’essere madre, per raccontare la maternità di chi scrive. La Terranova mescola autobiografia e finzione letteraria, in un romanzo personale, che indaga le pieghe più intime dell’animo umano, aprendo varchi, scardinando porte, sviscerando l’intimo sentire di madri, ma anche di padri, declinandone le fragilità, le cadute e la forza della resilienza. La scrittura diventa operazione catartica, ricostruisce esistenze, ricuce strappi, riporta alla luce un bagaglio ereditato e non conosciuto, interroga e recupera risposte, salva e acquieta, lasciando la libertà di sostare nella fragilità e nel dolore, estirpandone i sensi di colpa.

Varcare la soglia della maternità

In una continua ricerca di equilibrio il romanzo racconta le cadute e i salti di gioia, i momenti bui e gli slanci di euforia dell’essere madre, del varcare la soglia della maternità entrando in una dimensione nuova e alienante, che tiene conto del nuovo essere e dell’esserci, di ciò che si è e si è sempre stati, e del divenire. In questo viaggio intimo e personale, la scrittura di Nadia Terranova incanta e sgomenta. Il lettore avverte un senso di vertigine di fronte agli abissi dell’interiorità, alla possibilità di fallire e di sentirsi pienamente fragili senza perdere nulla di se stessi. In un romanzo personale e corale, l’autrice dà voce a storie di donne, ma anche di uomini, che possono rimanere schiacciati, quasi paralizzati, in vicoli ciechi che portano dritto al collasso performativo, ma possono liberamente, senza catene e gabbie, sperimentare il fallimento e fallire in pace. Un romanzo intenso e forte che attende solo di essere letto.

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2 pensieri su “Nonne, madri, figlie: catarsi di Terranova tra passato e presente

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