Aixa de la Cruz: un lutto, quattro donne e sofferenze recondite

Un anti-saga familiare, un suicidio e un testamento sorprendente. “Le eredi” di Aixa de la Cruz è un romanzo con cui non è semplice fare i conti. Sono pagine fitte di relazioni disfunzionali, violenze e traumi, malattia mentale e tossicodipendenza. Un libro potente, non omologato

Non sanno cosa le sia passato per la testa prima di tagliarsi le vene, ma la casa l’ha lasciata a loro quattro, vorrà pur dire qualcosa. Alla lettura del testamento, ovviamente, sono rimaste tutte di stucco. Nessuno si aspettava che doña Carmen si sarebbe avvalsa della facoltà concessa dalla legge di disporre liberamente di un terzo dei suoi beni per lasciare in eredità alle nipoti, anziché alla figlia, la casa in cui aveva trascorso l’ultimo quarto della sua vita, ma, dato il basso valore di mercato, nessuno ha avuto da ridire.

Erica e Lis, sono sorelle; e poi ci sono Olivia e Nora, tra loro sorelle, e cugine delle prime due. Nonna Carmen s’è suicidata senza lasciare nessuna spiegazione, senza lettere d’addio e ha lasciato loro una vecchia villa di campagna, in cui c’è ben poco da segnalare, forse solo che lì attorno crescono piante dalle proprietà allucinogene. Potrebbe sembrare l’avvio di una delle più classiche saghe familiari che vanno tanto di moda e, invece, l’opera in questione è un’anti-saga per eccellenza, in cui le componenti familiari della storia, specialmente quelle di eventuali ricostruzioni del passato, non sono contemplate o non sono un passaggio decisivo. La scrittrice basca Aixa de la Cruz, classe 1988, torna nelle librerie italiane (erano già stati pubblicati un paio di titoli per Perrone editore) con Le eredi (308 pagine, 20 euro), tradotto d Roberta Arrigoni, un romanzo pubblicato da Fandango, con cui non è semplice fare i conti. Lasciate stare i narratori onniscenti, questo volume è diviso in sette parti e ciascuna in quattro capitoli, che provano a dar conto ciascuno del punto di vista di ogni protagonista. E da ognuno di questi sguardi si dipanano mondi, temi, quello della morte, naturalmente, ma anche quello della tossicodipendenza e della malattia mentale.

Il sopravvento del fantastico

Il fantastico prende il sopravvento, Aixa de la Cruz imbastisce una suggestiva vicenda di spettri, a cominciare da quello della suicida (con la passione per le esperienze allucinogene), che si sovrappone alla quotidianità di quattro donne alle prese con angosce e difficoltà finanziarie (esclusa l’abbiente Olivia, cardiologa), con la solitudine, con le dipendenze, quasi con l’assenza di sentimenti e di relazioni. Quel che cresce, pagina dopo pagina, è un’epica del dolore, uno spietato romanzo psicologico, oltre che fantastico, in cui ogni figura si scava dentro, si mette in discussione, fa i conti con le proprie paure recondite, con errori intimi, sofferenze che in qualche modo si intrecciano, tra relazioni disfunzionali, violenze e traumi.

Tensione e dolore

Unite loro malgrado, nelle diversità, finiscono per galleggiare in un’atmosfera irreale e sognante, forse nel segno di una maledizione, queste quattro donne inquiete, magnificamente evocate da Aixa de la Cruz, apparentemente in modo asettico. Forse parlare di realismo magico è abbastanza fuorviante, anche se non mancano visioni e sogni, ma un romanzo del genere potrebbe piacere a certi appassionati del genere che nell’America Latina ha avuto gli esiti più alti e gli interpreti più eminenti. La tensione  monta che è una meraviglia, il dolore rimbomba pagina dopo pagina, pensiero dopo pensiero. Un libro potente, non omologato, capace di accendere idee e di fare pensare. Di questi tempi, non è poco.

Seguici su TelegramWhatsAppThreadsYouTubeFacebookTwitterInstagram. Grazie

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *