Il mestiere dell’amore, le lezioni di Borges ad Harvard

Ne “Il mestiere della poesia” sono raccolti gli interventi all’università di Harvard di Jorge Luis Borges, innamorato della letteratura (più della poesia e del racconto, che del romanzo…). Il suo credo? Le storie come mistero e passione, ma soprattutto come idee e sogni, fondate su circostanze vere, ma «raccontate con una certa dose di menzogna»

La prima che salta all’occhio della riedizione italiana di This Craft of Verse – che nell’edizione mondadoriana, datata 2000 e ormai introvabile, era diventato L’invenzione della poesia – è il nuovo titolo, più prosaico forse, ma certamente più aderente all’idea che c’è dietro, de Il mestiere della poesia (159 pagine, 18 euro). Stiamo parlando di una raccolta di interventi tenuti a braccio e con voce profonda da Jorge Luis Borges, scrittore prodigioso che tiene testa a qualsiasi altro di ogni tempo e luogo, ad Harvard, tra l’autunno 1967 e la primavera 1968, registrate e successivamente trascritte, anche se dopo circa tre decenni. L’operazione meritoria è della casa editrice Luiss University Press, che propone questo volume nella preziosa collana Nautilus. La traduzione è quella storica di Angelo Morino e Vittoria Martinetto (suo anche un saggio, che affianca quello del curatore Calin-Andrei Mihailiescu), che l’ha rivista, l’introduzione è affidata a Massimo Sideri, firma del Corriere della Sera.

Maestri e citazioni

Sono prossimo ai settant’anni, ho dedicato la maggior parte della mia vita alla letteratura e posso offrirvi solo dubbi.

La letteratura come mistero e passione, come l’amore più grande («universo fittizio dove il Verbo e il sogno fanno le veci della realtà oggettiva e dove il compito di ragionare fantasie prevale su tutte le altre manifestazioni della vita», scrive Vittoria Martinetto) e la biblioteca del padre come cosa più importante della vita. Jorge Luis Borges aveva questi punti fermi e allora si fa in fretta a capire come questo lungo, sterminato, affascinante, excursus di versi e prosa che conduce nelle lezioni de Il mestiere della poesia sia una grande lezione d’amore, una visione del mondo, l’idea del libro come «occasione di bellezza», un altare per i suoi maestri (il padre, gli scrittori Rafael Cansinos Asséns e Macedonio Fernández) un’impressionante serie di citazioni (dai poeti persiani a quelli norvegesi, da Omero a Kafka, sebbene considerato poco più di un minore…) accostate e cucite assieme in modo coerente e magnifico, da far impallidire chiunque.

Fede e idiosincrasie

Che cosa significa per me essere uno scrittore? Semplicemente essere fedele alla mia immaginazione. Quando scrivo qualcosa, ci penso non in termini di fedeltà ai fatti (il fatto è solo una rete di circostanze e di casualità), ma in termini di fedeltà a qualcosa di più profondo. Quando scrivo un racconto, lo faccio perché in qualche modo ci credo, non come chi crede semplicemente nella storia, ma come chi crede in un sogno o in un’idea.

Ecco come basta una manciata di frasi per mettere a fuoco l’universo Borges, lui stesso definisce le coordinate. E lo fa in tutti questi interventi americani, con mmediatezza e chiarezza, umiltà e umorismo. Esplorando la poesia e, in generale, la letteratura, Borges, dal pensiero inafferrabile e stratificato, ci dà tanti motivi per credere nella parola orale e in quella scritta, per comprendere il bisogno di averne a disposizione. Nei suoi interventi eruditi ma non accademici, Borges racconta invenzioni e dubbi, labirinti dell’uomo, cerca un contatto diretto con i grandi autori, in lingua originale, non solo in inglese, ma anche in tedesco e in italiano. Diretto, fedele alle proprie idee (venerando la poesia come un ritorno alle origini e auspicando un ritorno in auge dell’epica), allo scrivere racconti «con circostanze vere» ma «raccontate con una certa dose di menzogna»; fedele anche a certe idiosincrasie, come quella per la storia della letteratura («Sono convinto che la vecchia idea secondo cui possiamo attribuire perfezione all’arte senza tener conto delle date, fosse un’idea molto più coraggiosa»), o per il romanzo: «Trovo che in un racconto breve di Henry James o di Kipling ci sia – e in modo più godibile – tutta la complessità che si può trarre da un romanzo».

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