Si alternano più punti di vista e piani narrativi su “L’affetto di una strega” di Emer Martin che, attraverso tre vicende, racconta la sofferenza di una terra, l’Irlanda, devastata dai conflitti in un vortice di violenza. Un riuscito poema epico, narrato con intelligenza e sentimento, dal tono solenne e irriverente, lirico e ironico
Non è la prima volta che Atlantide decide di portare in Italia grandi autori sfuggiti al radar dell’editoria, creando un catalogo di nicchia di tutto rispetto e offrendoci il privilegio di conoscere personalità come Emer Martin di cui L’affetto di una strega (368 pagine, 26 euro), tradotto da Fabio Pedone, è il libro più recente. Ma non lasciatevi ingannare dalla tenue copertina rosa perché questo è un libro dall’anima dark.
La vecchia strega
Ambientato in Irlanda, i filoni conduttori sono tre storie che si alternano narrate principalmente dal punto di vista di due ragazzine in condizioni sociali differenti – siamo tra il 1970 e 80, sullo sfondo dei disordini civili e delle “Lavanderie”, istituti cattolici correttivi per le ragazze considerate immorali e ribelli – e di una serva dell’epoca di Enrico VIII. Intervengono spesso altri personaggi, tra cui l’Irlanda stessa, la “vecchia strega” che non fa solo da ambientazione ma è vera e propria protagonista, offesa e macchiata da un passato e da un presente segnati da sanguinosi scontri sociali.
Le varie prospettive e le diverse epoche storiche prese in analisi rendono la struttura del romanzo stratificata su più piani narrativi, il cui intreccio è tenuto insieme da elementi in comune collegati tra loro: politica, famiglia, radici, amicizia, solitudine, sventura e speranza.
Ma c’è sopra ogni cosa la sofferenza di una terra, l’Irlanda, devastata dai conflitti e che ha visto versato il sangue dei suoi figli dai tempi dei Normanni fino ai contrasti con gli inglesi. Un vortice di violenza senza fine che ha portato alla divisione dell’isola.
Il tempo è il grande guaritore che tutti continuano a dire? Per me, vedete, il tempo procede a spirale; tutto si ripete, ma a un livello diverso.
Le storie sono la Storia
Il risultato dell’ambizioso intento di Emer Martin è un poema epico in cui il passato e il presente si reiterano, la sfera individuale e quella collettiva si mescolano, le leggende e la Storia si alternano, in un connubio indissolubile e inscindibile tra i personaggi, la terra e i luoghi.
Superato il gradino iniziale – in cui si potrebbe fare un po’ di fatica ad entrare nel racconto, forse proprio a causa dei diversi punti di vista che si alternano – il quadro generale si chiarisce, l’atmosfera si intensifica e si resta rapiti. Si intuisce che proprio in quell’alternanza di voci risiede la potenza del libro e che lo scheletro della narrazione sono le “storie”.
Le storie, così come la Storia, si ripetono e si tramandano a parole o nei gesti, uniscono nel bene o nel male. Ma, purtroppo, non sempre se ne trae insegnamento. Eppure recano in sé il lascito dell’Irlanda stessa e sono fondamentali per creare un ponte per proseguire il futuro e dare speranza.
Le storie significano che il dolore non ti ucciderà sempre.
L’arte dello storytelling
Esprimere un dramma collettivo attraverso punti di vista intimi rende il libro intenso e partecipativo. La voce che l’autrice presta ai vari personaggi si plasma in base alla loro personalità e alle vicende vissute. Per questo il tono può oscillare tra il solenne, l’irriverente, il lirico o l’ironico con lo scorrere delle pagine e l’indulgenza può facilmente lasciare posto alla rabbia.
Non ci sono sconti quando si parla di violenza e di sofferenza, le descrizioni sono vere e crude senza filtri, modulate unicamente da un’intonazione calda e poetica, in un’efficace connubio in cui tutto è narrato con un perfetto equilibrio tra intelligenza e sentimento.
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