“Malempin” è il romanzo di un giovane Georges Simenon che scava nell’infanzia del medico protagonista: al capezzale del figlio malato, ricorda a sprazzi tensioni, omissioni e forse menzogne della famiglia d’origine, oltre alla morte misteriosa di uno zio usuraio. Un libro carico di non detti e di indizi, di reminescenze e segreti…
Fino a poco tempo per leggere questo romanzo pubblicato da un non ancora quarantenne Georges Simenon era necessario pescarlo in qualche bancarella, con un altro titolo, Ricordi proibiti, per un altro editore, Mondadori. O acquistare il volumone Pedigree e altri romanzi della collana La Nave Argo di Adelphi. Casa editrice che ha provveduto adesso a presentarlo anche in volume singolo, col titolo originale di Malempin (142 pagine, 18 euro), tradotto da Francesco Tatò.
Segreti di famiglia
Quest’ennesimo, misterioso, eccellente libro dello scrittore belga più famoso di sempre è un romanzo sull’infanzia, quella del protagonista, il medico Édouard Malempin, che si trova al capezzale del figlio minore, il pallido Bilot, ansimante e febbricitante, a causa di una pericolosa forma di difterite. Salta così un viaggio di piacere, verso il sud della Francia, a bordo di una nuova auto. L’attesa disperata, accanto al figlio minore, s’intreccia con i ricordi più lontani, con una resa dei conti a ritroso, in cui Malempin – che narra in prima persona, prendendo come appunti su una specie di diario – rivive atmosfere, episodi e familiari, che hanno segnato i suoi primi anni di vita, vissuti in Aquitania, custodendone certi segreti che, scopre lentamente, probabilmente, inconsciamente lo turbano ancora. Cresciuto a casa della zia materna, Elise, vedova dello zio Tesson, molto più anziano di lei, il futuro medico (riuscirà a studiare e a crearsi un futuro grazie a un’eredità della zia) ricostruirà, per frammenti, avvenimenti poco chiari o dalle cause non ben definite. Lo scomparsa dello zio, usuraio, a cui si rivolgevano anche i genitori di Édouard, a causa di un mutuo troppo oneroso, è avvolta da misteri, omissioni e forse menzogne. Il non detto, il mondo interiore e le atmosfere, spesso ostili e cariche di tensione, perfino certi piccoli presunti inquietanti indizi, sopravanzano i fatti.
Indagine sulla paternità, da quasi padre
Odori, rumori, parole ed espressioni del “vocabolario Malempin” riecheggiano in questo compatto romanzo della memoria. Il protagonista, in parallelo, vive il rapporto con il figlio, e rivive quello non semplice da figlio col proprio padre: tema delicatissimo (in vari altri volumi affrontato) e palpitante nel petto di Georges Simenon che aveva perso diciannovenne l’amato padre e, al momento della stesura di Malempin, stava per scoprire la paternità col suo primogenito Marc. Gli adulti del passato del medico non fanno una gran bella figura. Riaffiorano sensi di colpa precisi, che finiscono pure per mettere in discussione il presente, a cominciare dal proprio matrimonio, e dalla moglie mai amata davvero. Georges Simenon è sempre formidabile nel dispiegare sottilmente, dettaglio dopo dettaglio, la vita, la sua dimensione più prosaica (esemplare l’ossessione del denaro in famiglia), gli scavi psicologici, le curve della memoria, anche a costo di sbandare.
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