Alessandro Barbero, Urss al tramonto e omaggio ai geni russi

In “Romanzo russo”, la cui prima edizione risale al 1998, Alessandro Barbero riesce a evocare, attraverso tre personaggi e le loro vicende convergenti, la fine dell’impero sovietico che sembrava inattaccabile e monolitico, sotto le spinte centrifughe di gruppi etnici, religiosi e mafiosi. Studioso della lingua e amante della letteratura russa, lo storico riprende atmosfere e stili dei grandi scrittori della tradizione russa in un’opera affascinante e mai noiosa, esperimento più che riuscito…

Iniziamo subito con un’opinione impopolare: il divulgatore Alessandro Barbero non riesce a incantarmi, il suo canale YouTube, le dirette social, i podcast non hanno nulla che possa ammaliarmi, mentre Alessandro Barbero, l’incallito romanziere di avventure mirabolanti (certamente in debito con lo storico Barbero e le sue ricerche), rapirà sempre il mio cuore. Magari la penseranno più o meno così anche dalle parti della casa editrice Sellerio, che ha già ripubblicato alcuni suoi titoli narrativi che erano introvabili e, tra 2021 e 2023, ha accolto le sue più recenti opere romanzesche, Alabama (ne abbiamo scritto qui) e Brick for stone. La sua più recente pubblicazione vestita di blu è però un romanzo del 1998 che, fino a un paio di anni fa, gli appassionati erano disposti a pagare anche parecchio on line, tra i volumi usati, la vecchia edizione Mondadori, risalente alla fine degli anni Novanta, era pressoché introvabile. Ora, invece, Romanzo russo. Fiutando i futuri supplizi (683 pagine, 19 euro) è un imperdibile mattoncino della collana La memoria, opera seconda di uno scrittore che, trentasettenne nel 1996, al debutto aveva vinto l’edizione numero 50 del premio Strega. Il suo Virgilio nel mondo editoriale era stato Aldo Busi (che rispetto ad allora è caduto in bassa fortuna, scrittore immenso che non trova un editore…), invaghitosi di quel che sarebbe diventato, che avrebbe ribattezzato, Bella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo, romanzo storico mozzafiato che prima di convincere Busi aveva incassato rifiuti o indifferenza (invano era giunto anche a Gesualdo Bufalino, altro scrittore amato da Barbero…).

Ambizione, intreccio, coralità

Innamorato della letteratura russa e, immerso, al momento della scrittura, nell’epoca segnata da Gorbaciov, Alessandro Barbero pubblicò anni dopo – quando la Russia era allo sbando, in mano a bande criminali – questo romanzo storico ambizioso (anche allora seguito da vicino da Busi), di trame intrecciate, di più punti di vista che creano un racconto corale e di ampio respiro, spacciato nel prologo per un anonimo manoscritto ritrovato, seppellito e disseppellito da scrittori della scena underground. Studiava la lingua russa, Barbero, e in un certo senso si mise in testa di creare un’opera che sembrasse, in tutto e per tutto, russa: a essa, tradotta anche in inglese, è molto legato, sebbene non avesse ripetuto le vendite dell’esordio. L’esperimento è ampiamente riuscito in termini di omaggio alle atmosfere e allo stile di certi geniali autori, centrali della tradizione russa (citati esplicitamente come Gogol e Bulgakov), di riflessione sul rapporto tra memoria e storia, di autenticità e di aderenza alla mentalità sovietica al crepuscolo dell’Urss, alla fine degli anni Ottanta, quella fase storica in cui termini come glasnost e perestrojka divennero piuttosto popolari anche in occidente.

Metamorfosi, tra ritmo e ironia

In Romanzo russo Alessandro Barbero racconta, con impeccabile ritmo e tono anche ironico, la quotidianità della vita in Unione Sovietica e la crisi di un sistema che sembrava monolitica e inattaccabile, attraverso tre vicende convergenti, con altrettanti personaggi principali. Sullo sfondo c’è la metamorfosi della società sovietica raccontata in modo magistrale, un impero che cade anche sotto i colpi di varie spinte centrifughe, quelle di diversi gruppi etnici, di fazioni religiose integraliste, di organizzazioni mafiose. Tanja Borisovna, studentessa di storia, lavora alla tesi di laurea “I quadri del Partito nella regione di Baku dal 1945 al 1953”, che le è stata assegnata dal professor Viktor Obilin, direttore dell’Istituto di Storia del Pcus: la giovane donna ha la possibilità di leggere documenti compromettenti negli archivi del Kgb, recandosi in Azerbaijan, scavando anche nella propria storia familiare, scovando le registrazioni del processo a un nonno, morto in quell’epoca. Al contempo un giudice, Nazar Kallistratovic Lappa, indaga sull’efferato assassinio di un capo religioso islamico, ricerche pericolose al pari di quelle di Tanja, che avranno le medesime conseguenze. Il terzo protagonista di Romanzo russo (in cui il narratore spesso si rivolge al lettore, dandogli del tu) è un attore che sta scrivendo un romanzo sullo sterminio degli ebrei della città di Odessa: si chiama Mark Kaufman e chiude concretamente e simbolicamente il libro, dopo una cavalcata mai noiosa, tra storia, giallo, spy-story.

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