Aleksandar Hemon, in cerca di una resurrezione per ritrovarsi

È una storia di violenza e resurrezioni “Il progetto Lazarus”, il magnifico e più famoso romanzo di Aleksandar Hemon, ripubblicato a quattordici anni dalla prima edizione italiana. Un aspirante scrittore si mette sulle tracce dell’ebreo Lazarus, vittima di un omicidio a Chicago nel primo Novecento. E, assieme a un fotografo amico d’infanzia, viaggia nell’Europa Orientale per ricostruire la storia di quell’uomo sradicato e senza patria come lui; tra disavventure improbabili e dolenti riflette anche sulla propria vita alla deriva…

E poi ci sono i romanzi inarrestabili, quelli che risorgono da qualsiasi cenere, che meritano solo superlativi. Quattordici anni fa, due dopo la pubblicazione negli Usa, vedeva la luce in Italia, con la traduzione di Maurizia Balmelli, il secondo, dopo Nowhere Man, e forse ancora adesso maggiore romanzo di Aleksandar Hemon, classe 1964, bosniaco di Sarajevo rimasto negli Usa ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia. Ha iniziato a scrivere in inglese a tre anni dal suo approdo negli Stati Uniti e non ha più smesso, da Chicago (deve avere respirato l’aria buona che fu di Bellow ed Hemingway…). La casa editrice Crocetti, che ormai fa parte del gruppo Feltrinelli, dopo il più recente Il mondo e tutto ciò che contiene (ne abbiamo scritto qui) ha ripescato per la sua collana Mediterranea il più importante dei titoli di Hemon, usciti dal catalogo Einaudi, Il progetto Lazarus (317 pagine, 20 euro), nella traduzione di Maurizia Balmelli, gioiello che torna a risplendere ed è pronto ad affascinare lettori curiosi, voraci, pronti a misurarsi con un romanzo che accende ogni senso e rimbomba nella memoria. È la storia di un viaggio (tema tipico di Hemon, uomo che conosce il sapore dell’esilio) che inizia negli Stati Uniti e tocca molti luoghi dell’Europa dell’est: lo compiono Vladimir, giovane slavo, aspirante scrittore, sorta di alter ego di Hemon, e un suo enigmatico amico fotoreporter, concittadino di Sarajevo, Rora, che provano a seguire le tracce di una vita fugace e reale, quella di Lazarus Averbuch, ebreo russo immigrato a Chicago, scampato al pogrom di Kishinev del 1903 ma freddato con una rivoltella, a soli diciannove anni, dal capo della polizia, che l’aveva individuato vicino casa sua e considerato un pericoloso sovversivo. Un episodio che avrebbe condotto a un clima di paranoia collettiva, di intimidazioni e repressioni nei confronti dei tanti immigrati dell’Europa orientale, considerati in blocco anarchici e terroristi.

Due destini sovrapposti e una domanda: Chi sono?

È un’opera sul ventesimo secolo e sulle sue violenze, Il progetto Lazarus, un balsamo, nel diluvio di libri in cui ci si può imbattere. Le due vicende principali, il viaggio di Vladimir (dall’Ucraina alla Moldavia, alla Romania, a Sarajevo) e l’approdo di Lazarus nella Chicago del primo Novecento (che non sembra poi così lontana dall’America dell’inizio del terzo millennio, dalla xenofobia post 11 settembre a oggi) si alternano e i due personaggi sradicati e senza patria – più simili di quanto si possa immaginare, soli, inadeguati, sospesi – in un certo senso si sovrappongono, così che, per lo scrittore, la ricerca messa in moto è iniziata nel mondo e finisce dentro se stesso; “Chi sono?” è una domanda che rimbomba in tanti libri di Aleksandar Hemon e anche nella sua testa, da sempre, crisi identitaria che va di pari passo con la paura della diversità. Era necessario farci i conti diciassette anni fa, all’epoca della prima pubblicazione, e serve ancora oggi.

Gioco di specchi fra realtà e immaginazione

Come anche in gran parte dei libri successivi di Aleksandar Hemon, anche nel suo più noto, più che descrivere persone e luoghi, è abile a rinnovarli nell’immaginazione, la conoscenza passa dall’invenzione, realtà e immaginazione non sono in contrapposizione, ma complementari, si fondono nella memoria e sanno accendere la fantasia di chi legge. Leggere queste centinaia di pagine, e guardare le decine di foto che le accompagnano, significa accendere un generatore di vicende, fitte storie intrecciate, giochi di specchi. Il protagonista, sostenuto da una fondazione, fa ricerche per scrivere un libro su Lazarus, va nella sua città d’origine, attraversa nazioni con anima picaresca, spesso fra episodi grotteschi e dolenti, fra ironia e amarezza, fra ricostruzioni dolorose e cupe e storie improbabili (a cui contribuiscono le menzogne di Rora, gigolò e giocatore d’azzardo), riflettendo sull’antisemitismo, sulle persecuzioni, in generale sulla violenza che ha sporcato la storia dell’umanità. E poi fa i conti con la propria vita alla deriva, vagheggiando in fondo una resurrezione, chiedendosi come si possa restare in vita dopo la morte. Vladimir ci sta provando con Lazarus (vuole sottrarlo «alla nebbia della storia e del dolore»), del resto, ma chi penserà a lui?

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