Frasi e storie come fendenti, le confessioni di Annie Ernaux

Uno scambio di mail lungo sei anni, con il connazionale Frédéric-Yves Jeannet, è diventato un libro di Annie Ernaux, “La scrittura come un coltello”, pubblicato una ventina d’anni prima del Nobel. Per la scrittrice francese l’occasione per confidarsi, a proposito di letture, influenze, critiche e idea di letteratura…

Le parole, specialmente quelle scritte, non sono mai innocue, sono un chirurgico strumento di verità – che da personale si fa generazionale e storica – un atto politico, viscerale, impietoso e duro, senza vergogna e senza censura, e ogni acclamata opera di Annie Ernaux, premio Nobel 2022, lo ha dimostrato. Accanto alla pratica c’è adesso un po’ di… teoria. Arriva con il volume La scrittura come un coltello (163 pagine, 18 euro), edito originariamente nel 2003 e rilanciato da Gallimard nel 2011, che adesso è pubblicato in Italia, tradotto ancora dall’editore Lorenzo Flabbi, che incessantemente da oltre un decennio propone Annie Ernaux ai lettori italiani e nella postfazione ne spiega il suo crescente successo in Italia. È un libro-intervista, esplorazione della sua letteratura, e anche della sua trasformazione sociale, il risultato di uno scambio di mail, nell’arco di sei anni, tra la scrittrice e il connazionale Frédéric-Yves Jeannet, docente che da decenni vive in Messico.

Retrobottega

Frasi come fendenti e frequenti ritorni all’autobiografia come indagine non solo esistenziale, ma soprattutto storica e socio-politica, parlando di sé e della Francia e del mondo. Si confida Annie Ernaux con un interlocutore che evidentemente considera all’altezza di comprendere la “missione” della sua scrittura, quando ancora gli allori internazionali erano ben lontani: non sono semplici scambi epistolari, quelli con Frédéric-Yves Jeannet, ma confessioni e riflessioni, a partire dalla sua lingua scarna, semplice, eppure tagliente ed esatta, frutto di un lungo e consapevole lavoro, che si scorge negli angoli di questo retrobottega che è La scrittura come un coltello.

Incontri e attacchi

La consapevolezza di quel che è, e di quel che ha creato, attraverso l’incantesimo della scrittura, è figlia di alcuni passaggi, degli incontri da lettrice e forse perfino degli attacchi (non semplici critiche), soprattutto sessisti, subiti da scrittrice, a lungo maldigerita dal giornalismo culturale transalpino: «Credo che una minoranza di critici non mi perdoni questo: il mio modo di scrivere il sociale e il sessuale, di non rispettare una certa decenza intellettuale e artistica, mescolando il linguaggio del corpo e la riflessione sulla scrittura…». Un passaggio determinante è la lettura de Il secondo sesso di Simone de Beauvoir («Tutto ciò che avevo vissuto negli anni precedenti, nell’opacità, nella sofferenza, nel malessere si chiariva all’improvviso. Penso che mi venga da lì la certezza che prendere coscienza delle cose, sebbene non risolva nulla in sé, sia il primo passo verso la liberazione, l’azione»), con Proust per il tema della memoria, con Virginia Woolf, o anche con libri che comunemente non sono classificati come opere istituzionalmente letterarie («Per esempio i testi di Michel Foucalt o di Bourdieu. Per me è il senso di sconvolgimento, la sensazione di apertura, di ampliamento, a definire la letteratura»).

Una confidenza che lacera

Il pericolo di guardare insistentemente dentro sé, senza concedersi lirismi, svolazzi di retorica o toni aulici e patetici, ma ricorrendo spesso a una certa crudezza letteraria, è il marchio distintivo di Annie Ernaux, la chiave per accedere al suo mistero accessibile, per comprendere il suo rifiuto di canoni classici, la sua ossessione di esplorarsi, la sua letteratura che non si rivolge a élite, circoli e conventicole e che vuole «mettere in crisi il concetto di libro come opera chiusa». Un messaggio chiaro e univoco, come il gesto della scrittura che le consente di non «vivere nella superficie di me stessa, nella dispersione». Per la forma che questo ennesimo libro di Annie Ernaux ha assunto, va vissuto e letto come un dono, come la possibilità non di sbirciare pensieri e parole, processo creativo, ma di ascoltare una confidenza, acuminata e rigorosa, che probabilmente lacera, ferisce. Come tutti i suoi libri. È fondamentale averli letti per godere pienamente di quest’ultimo? No, ma aiuta.

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