Con “Il fabbro di Ortigia” il siciliano Giuseppe Raudino racconta la storia di un reduce di guerra e del suo ingegno sulla via del ritorno a casa. Un libro – carico di episodi rocamboleschi, di nostalgia, di amore – che tiene incollato alla pagina il lettore
Siciliano ormai residente da tempo in Olanda, Giuseppe Raudino torna in libreria a due anni di distanza da Quintetto d’estate (ne abbiamo scritto qui), conquistando la fiducia di una casa editrice in ascesa come Bibliotheka e ripagando pienamente questa fiducia, con un romanzo storico pieno di passione, che celebra le gesta di un uomo imperfetto ma sincero, astuto nelle difficoltà, generoso in amore, gonfio di malinconia e di ricordi, alla fine della strada chiamata vita. Se quella precedentemente raccontata era una vicenda che si nutriva di un rocambolesco viaggio, per certi versi qualcosa torna anche in quest’ultima fatica di Raudino: Currò, l’anziano protagonista de Il fabbro di Ortigia (178 pagine, 18 euro), come tanti giovani nati nei primi anni Venti, fu suo malgrado investito dal ciclone della seconda guerra mondiale, che nel bene ma soprattutto nel male segnò la sua vita, portandolo lontano dallo «scoglio» in cui era nato, Ortigia, la zona più affascinante di Siracusa.
Fuori dall’infanzia, dentro la guerra
Non un romanzo di breve gestazione, probabilmente, come ogni romanzo storico che si rispetti e che necessita di un’adeguata documentazione. Currò è una specie di fratello minore di ‘Ndria Cambria, leggendario componente della regia marina italiana durante la seconda mondiale, nell’Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (ne abbiamo scritto qui). Naturalmente, manteniamo il senso delle proporzioni, il monumentale romanzo tra i maggiori del Novecento è un’opera fuori concorso, paragonabile solo a poche altre della letteratura internazionale. Il fabbro di Ortigia è un volume orchestrato sapientemente, che palpita di storie e di personaggi, che celebra la destrezza e l’ingegno di un uomo – imbarcato come cannoniere sull’incrociatore Duca degli Abruzzi – che solca il Mediterraneo, facendo i conti con l’amore e con la paura, con il destino e con le avversità. Negli anni Venti il figlio del fabbro ferraio, Currò («Fuori da quella bottega ero il bimbo più disobbediente di tutta Ortigia, ma là dentro temevo mio padre…»), cresce fra maliziose vertigini e timidi desideri (la madre del borghese Saverio, il suo migliore amico), la propaganda fascista che arriva anche nel profondo sud, ma non affascina il padre, e infine col battesimo al sesso in un postribolo di Augusta, con una prostituta, Ludovica che gli resterà in mente per tutta la vita. È la storia di un reduce di guerra – costretto ad andare al fronte giovanissimo, che si troverà al nord quando dopo l’armistizio l’Italia è spaccata in due – e del suo ritorno a casa, fra non poche disavventure. Una storia già vista? Certamente, ma Raudino terrà incollati alla pagina i lettori che vorranno scoprirlo, seguirlo.
Ricordare e amare
L’amore in tutte le sue sfaccettature investe come un’onda Currò, l’amore carnale per Ludovica, quello ideale per Mariù, figlia di un medico, quello di una vita, infine, per Annamaria. Sincero, non eroico, passionale, è facile entrare in empatia con il protagonista che amorevolmente Raudino – mai come questa volta figlio di certa tradizione letteraria siciliana – cuce pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo. In guerra e in amore resta a galla, forse mantenendo intatto lo sguardo dell’infanzia, in cui è dedito a giochi ed espedienti. Forse è così che si salva da bombardamenti e battaglie, dal mare e dagli inglesi; si arrende solo ai ricordi e ai pensieri d’amore, lo aiutano a restare vivo, a prendere la strada di casa.
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