Dario Voltolini, l’anima perduta del quartiere industriale di Torino

In queste pagine desolate e rarefatte, ma mai evanescenti, Voltolini sprigiona più di una magia – anche solo con qualche parola esotica per chi non è del nord ovest come “biovoni” o “bealera” – in qualche modo riannoda i fili con il suo precedente libro di successo, Invernale (ne abbiamo scritto qui e qui), torna alla Torino del passato, guardandola attraverso quella del presente, e a una famiglia archetipica, che è quella del padre dell’autore, come spiega lo stesso Dario Voltolini in una bandella.

Nella cascatella giocavano i ragazzi, molto chiassosamente. Si spingevano, perdevano l’equilibrio, tonfavano nella pozza in cui l’acqua restava chiusa per un po’, prima di scivolare nella bealera e alla lunga tornare nel fiume. Questo non è il fiume principale della città, ne è un affluente. la confluenza è in un altro quartiere, non vicino. Nei pressi della collina

In particolare Dario Voltolini prova a “rischiarare” la zona di un attuale centro commerciale, non lontano dalla Dora, dove poco meno di trent’anni fa chiuse una nota fabbrica di pneumatici: uno spaccato proletario di trattorie e bar, convogli e passaggi a livello, biciclette e palloni fatti di stracci, studenti e operai. Raccontate come le racconta Voltolini anche certe tracce dell’inquinamento di decenni prima, smog e liquami, vengono come ingentilite. Ma non è certo una difesa della dimensione altamente tossica delle industrie del passato, questo racconto.

La dismissione

Quella che appare adesso è una zona morta, dismessa, anonima, uguale a tante altre, niente affatto caratterizzata, com’era decenni prima. Si possono ravvisare tracce inerti, del passato estinto, perfino della fabbrica che ha ceduto il passo a una sorta di cratere. Un viandante – che il lettore vede di spalle, anche negli schizzi all’interno del volumetto – s’aggira come un’ombra. Attorno a lui c’è quel che è stato, e quel che è in un piccolo spazio di mondo, un vuoto presente, scoraggiante, deprimente, senz’anima. Rumori, odori, visioni d’intrecciano in un viaggio anomalo. Del passato resta solo uno stabile, quello dove abitava la famiglia del padre, destinato ai lavoratori della fabbrica di pneumatici.

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