I giochi erotico-verbali di Ezio Sinigaglia, lasciatelo divertire…

Nel suo nuovo libro, “AcroBatiCa”, Ezio Sinigaglia sembra un autore dell’Oulipo per sperimentazioni e vincoli linguistici. Il risultato è un trittico di racconti – con il dominante tema erotico e il ricorrente nucleo dell’autoerotismo – tra umorismo scanzonato e potenzialità del linguaggio

In AcroBatiCa (77 pagine, 14 euro), Déclic 2024, Ezio Sinigaglia si diverte, pazzamente, smisuratamente (per usare le parole di Aldo Palazzeschi) a fare emergere, da par suo, inedite, nascoste potenzialità del linguaggio e della narrazione, adottando vincoli restrittivi, costrizioni (contraintes) alla maniera degli autori dell’Oulipo, l’Ouvroir de littérature potentielle.

Tre racconti in cui la contrainte varia per ciascuno, visibile fin dal titolo. Il primo, Smanettando sospirosi sulla station, è un tautogramma: un testo scritto esclusivamente con parole inizianti con la stessa lettera, in questo caso la “esse”. Nel secondo, Incantevole habitat: garantita favolosa esclusiva, e nel terzo (pur con una variante di cui si dirà in seguito), Oroscopi per quindicina ruggente. Risparmiate quattrini, le iniziali delle parole si susseguono invece in ordine alfabetico (scale alfabetiche le definisce Ezio Sinigaglia nell’intervista del 21 novembre a Fahrenheit, rilasciata a Tommaso Giartosio). A conferma della volontà di comporre un autentico trittico, l’autore aggiunge un’ulteriore, uniforme contrainte, cioè la stessa estensione (in pagine) per tutti i testi.

La sessualità centrale

Il tema omoerotico, non nuovo in Ezio Sinigaglia, è l’altro aspetto comune all’intera raccolta, rappresentato in maniera diversa in ciascuno dei racconti, che ha tuttavia nell’autoerotismo una sorta di nucleo ricorrente. Esso si palesa fin dall’inizio di Smanettando sospirosi sulla station in cui il primo dei protagonisti ad apparire, il sedicenne Simone, viene seguito in un’esuberante, testosteronica giornata-tipo vissuta in interni: casa, scuola e infine casa del diciassettenne Stefano (il secondo protagonista), dove tutti i salmi finiscono in gloria. I due rientrano tra le figure di coetanei già apparse, ad esempio, in L’imitazion del vero (e in parte anche in Grave disordine con delitto e fuga, qui l’articolo), qui però in chiave esplicitamente ed esclusivamente erotica: colti come soggetti attivi reciprocamente desideranti, e comunque non “oggetti” del desiderio di un adulto. La preminenza tematica, centrale, della sessualità è ribadita anche attraverso la trovata maliziosa e divertita dell’originale voce narrante in prima persona.

Due soldati

Anche Incantevole habitat: garantita favolosa esclusiva è un racconto a due personaggi, ambientato però all’aperto, nei boschi friulani, fra i quali si inoltra il bel caporale Demetrio nell’intento di dare sfogo in solitudine ai propri ardori eterosessuali. Proposito che però viene mandato all’aria dal commilitone Vasco Zanella, suo segreto spasimante, che lo incrocia e gli si affianca. Quella che formalmente sembra essere diventata una passeggiata a due fra sentieri ombrosi, nuotate adamitiche nei ruscelli, sigarette condivise, spezzoni di conversazione… non è altro che l’accorta seduzione condotta da Zanella anche attraverso la parola, con continui, apparentemente innocui e svagati scambi di battute col bel caporale. L’impacciata, graduale confidenza anche fisica cui Demetrio si lascia andare, conduce alla fine a un punto di incontro, un onorevole compromesso fra le diverse esigenze dei due, spostandone fuori scena l’esecuzione concreta, a differenza di quanto accaduto nel testo precedente. Sia il contesto spazio-temporale (il servizio di leva nell’ambiente montano) che il personaggio di Zanella riportano ai racconti di L’amore al fiume (e altri amori corti), qui l’articolo, in particolare al primo, di cui costituisce (quasi) una variante. Zanella Mao, diventato qui Vasco per esigenze di scala alfabetica, pur mantenendo le caratteristiche basilari del suo doppio (cinico e attraente dongiovanni, buona parlantina, intelligenza strategica e duttile…) assume talvolta un atteggiamento delicato, quasi protettivo (per pudore o per ipocrita scaltrezza?) nei confronti delle vulnerabilità emotive, relazionali dell’oggetto del suo desiderio, di certo più ingenuo e intimidito di lui (e dell’equivalente Giancrì del racconto similare):

Amicizia batte coso duro, esibito fiduciosamente? Glorioso hardon, invitantissimo. Lo mangerei, non ostanti proponimenti quantomai recenti. Sarei, tuttavia, un vile Zanella, amico bastardo, colpevole. Dormirà? Eh… forse.

I motociclisti zodiacali

In Oroscopi per quindicina ruggente. Risparmiate quattrini, il benzinaio Giovanni − Hans in lingua madre, ci informa la voce narrante esterna − al risveglio da un fugace abbiocco postprandiale, utilizza l’oroscopo di una rivista per motociclisti come strumento per rientrare, da sveglio, nelle libidinose lande oniriche, troppo presto interrottesi. L’intento riesce grazie alle immagini dei centauri del magazine, personalizzate, anzi, animate, attraverso la lettura degli oroscopi che, nella loro solenne ambiguità, suggeriscono, ammiccano, eccitano l’interpretazione (un’autentica esegesi in diretta) tutta sessuale del benzinaio, inebriato dai mondi che gli apre il ricorrere di espressioni come nuovi orientamenti, bifronte, bilaterale, reversibile, e dei termini tecnici accessori, utensili, lubrificanti, ingranaggi… L’articolata, movimentata e divagante fantasticheria di Hans alle prese con i motociclisti zodiacali si interrompe per l’arrivo alla pompa di benzina di un loquace, intraprendente camionista quebecchese che segna per il protagonista il passaggio dall’incorporeo, solitario fantasticare alla nerboruta fisicità del reale. Un racconto che potrebbe essere l’equivalente narrativo di un ipotetico film underground dei primi anni Settanta.

Difficile dire se nell’abbinamento delle contraintes ai racconti l’autore abbia seguito o meno un criterio. Incantevole habitat: garantita favolosa esclusiva adopera, come preannunciato, la scala alfabetica in entrambe le direzioni, e ciascuna di queste opera all’interno di un blocco testuale: in quello iniziale, pp. 29-30, le parole vanno dalla “a” alla “zeta”, nel successivo, pp. 30-32, dalla “zeta” alla “a”, e così via da capo, coincidendo peraltro coi capoversi, non fino alla fine, ma per gran parte del testo. Ci si potrebbe chiedere se questo ritmico movimento “avanti e indietro” non sia forma confezionata a ribadire il tema del racconto, centrato più di tutti sull’erotismo faidaté. La scala alfabetica ritorna in Oroscopi per quindicina ruggente. Risparmiate quattrini, ma il passaggio dall’ordine alfabetico diretto a quello inverso avviene qui dopo qualche rigo, e ben presto in maniera quasi frenetica, sfruttando un periodare breve, incalzante, che utilizza la punteggiatura forte per segnare l’inversione direzionale, spesso interrompendo la sequenza prima che giunga al termine. Ciò, forse, in connessione col procedere zigzagante delle fantasie esegetiche del protagonista. Infine nel tautogramma di Smanettando sospirosi sulla station, la presenza della stessa iniziale per i due protagonisti (e per tutte le parole), la duplice ripetizione di similes similibus, il… battesimo di Sosia e Sorello e qualche altro passaggio paiono evidenziare il rassicurante rispecchiamento adolescenziale di chi ha bisogno di (ri)conoscersi nel simile.

Un proprio potenziale linguistico

Malgrado il livello più elevato di complessità testuale del secondo racconto (un susseguirsi ravvicinato di descrizione, narrazione, discorso diretto e indiretto – maggiormente impiegati -, voce narrante esterna, in grado di riferire i pensieri dei protagonisti, di Zanella in particolare) e del terzo, rispetto a quello iniziale, tutti i testi conseguono, come effetto delle differenti contraintes, l’obiettivo ricercato di un proprio potenziale linguistico.

Ciò avviene a livello lessicale attraverso anglismi (hardon, high intensity looks, hard games, [fantesche] husbandate, bykers, headlines…), francesismi (hélas, déchaînés, gâté, sophistiqué, quel romantisme savant!…), latinismi (quandoquidem, spebus sic stantibus, sub tabulam, ubiqua voluptas!…), coniazioni verbali e sostantivali (zatteriamoci!, amacarci, scrotomartire, sessantanovizziamoci, maratònalo…), interiezioni e onomatopee fumettistiche e non (uhù, zaff, zam, sgurb, urca!…), regionalismi (si scantasse!, saccocce, femminaro, sguinzia, si scaravolta, sochmel…), verbi ed espressioni poco usati e/o semanticamente forzati (tabacchiamocene una, fa grillettare la mano, escursionavi, schedulano, a bardosso…), grafie “orali” (faidaté, quantomai…) o, alla bisogna, obsolete (non ostanti…) con, esclusivamente per il terzo racconto, l’aggiunta di qualche germanismo (Zentauren, Narzisse, Herr Gott…).

L’effetto duplice e complementare delle contraintes − censorio-proibitivo da un lato, e sostitutivo-(ri)creativo dall’altro – dà inevitabilmente al dettato una formulazione enigmistica: contratta, o, all’opposto, digressiva, in ogni caso sentenziosamente enigmatica, offuscando a volte il filo referenziale della narrazione e il livello comunicativo diretto, informativo (con una maggiore incidenza a partire dal secondo racconto). Ciò screzia i testi col linguaggio connotativo e perfino sperimentale condiviso da certa poesia, tanto più nel terzo racconto (avvantaggiato già, di suo, dallo stile oracolare e sibillino proprio degli oroscopi), sebbene l’autore non rinunci mai all’ironia e all’umorismo scanzonato che permeano l’intera raccolta, dichiarando ad esempio al lettore le proprie intenzioni e il proprio modus operandi già in Smanettando sospirosi sulla station:

Sbezzicamenti stolidi, svampiti, scioglilingua senza strutture semantiche sottostanti. Significanti senza significato. Si scorna sul subconscio senza spolverarlo, senza strapparne svelamenti […] Sgurghi, sgarri, sballi, sballi, su su su, sì sì sì, svelto, svelto, svengo, sì, svengo, sì, sssvengo, sssvengo, sì sì sì! Senza sss, sottilizzo stizzito, senza sss, Simone, stai svenendo senza sss!

Pastiche lessicale e comicità

Oppure si pensi al terzo racconto, allorché il lettore si imbatte in una sorta di grammelot, prevalentemente franco-italiano, nei dialoghi fra il camionista e il benzinaio:

Allò, bonjornò, coucou!.. Diesèl, evidemment, full, grasié, hein  […]

Ma no! Ora… payer… quattrèn… regardez sur tablette… un vrai Zambesì a bevu ce diable ! est famelique !

Un pastiche lessicale che si estende alle pagine finali del testo, facendolo virare decisamente dall’umoristico-ironico al comico, includendo le trattative e le manovre di reciproco sollazzo, preannunciate nelle configurazioni astrali. E, come per il secondo, mutatis mutandis, anche per questo racconto il potere (erotico) della parola sembra pari, se non superiore, alle immagini (qui, degli attillatissimi centauri).

Al di fuori della cornice che racchiude la finzione, qualunque sia il nesso che leghi Eros e il riso del Satiro (affinità, antitesi, entrambe, nessuna delle due…), Ezio Sinigaglia si diverte, ci diverte, pazzamente, con maestria, coi suoi giochi erotico-verbali e… e lasciamolo, lasciamoci, divertire.

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