Tutte vivemmo a stento, alla corte della Prof. con Laura Acero

L’espediente di un laboratorio di scrittura, in cui alcune donne colombiane si raccontano, è utilizzato da Laura Acero per il suo romanzo “Donne della nebbia”. Le complesse e fragili esistenze, sullo sfondo della guerra civile e con mariti e figli lontani, sono colme di sofferenze e solitudine…

Donne della nebbia (140 pagine, 16 euro) di Laura Acero, pubblicato dalle edizioni Ventanas, grazie alla traduzione di Serena Bianchi, è un romanzo interessante non solo per il suo contenuto, ma anche per la sua struttura narrativa. Il contesto è storico perché conduce il lettore nell’ambito della guerra civile colombiana e nelle fragili condizioni di vita delle donne che, separate da figli e mariti, conducono a stento la loro vita.

Narrazioni nella narrazione

L’opera può considerarsi un metaromanzo, ossia varie narrazioni nella narrazione, infatti le vicende della vita della Prof. – proiezione autobiografica dell’autrice, la stessa Laura Acero – fanno da cornice alle narrazioni delle donne coprotagoniste che, durante le ore di laboratorio di scrittura, che si svolge con cadenza settimanale, raccontano la loro storia, spesso caratterizzata da solitudine e sofferenze, inevitabili conseguenze della persistente guerra.

Catarsi dell’anima

Così nel Páramo tra la vegetazione steppica che caratterizza quel territorio delle Ande colombiane, il laboratorio di scrittura condotto dalla Prof. “sine nomine” diventa occasione di narrazione omodiegetica delle signore che liberamente raccontano di loro, della loro esistenza, dei rapporti che hanno instaurato con i loro familiari e nel dire trovano anche una valvola di sfogo e liberazione, insomma una possibilità di catarsi dell’anima, un’occasione per non essere più “donne della nebbia,” come sostiene il titolo del romanzo che in un sintagma, racchiude una condizione di vita. L’autrice, Laura Acero, s’identifica appieno con le narratrici, sia essa l’anonima Professoressa o gli altri personaggi che progressivamente espongono le loro storie e riesce sempre ad esprimersi con un linguaggio a loro perfettamente consone.

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