Una scatola vuota, senza tenerezze e speranze, è l’infanzia secondo Inès Cagnati, che scrive sette racconti strazianti e perfetti sotto il titolo “I pipistrelli”. Tornano i temi dei suoi romanzi più noti e una Francia profonda che si mostra poco accogliente e diffidente contro stranieri e fragili…
L’infanzia prima di uscire di scena, l’età più verde primi dei passi d’addio. Un saluto al mondo, un testamento, come si dice in modo abbastanza standardizzato, dal lembo estremo degli anni Ottanta, dall’anno della caduta del muro di Berlino. Dopo i Settanta fecondi, e tutto sommato prolifici con tre romanzi, Inès Cagnati si congedò dalla scena letteraria con sette racconti perfetti e strazianti, che ora sono approdati in libreria grazie alla traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala, sotto le insegne delle edizioni Adelphi, che nel 2022 hanno rilanciato la scrittrice francese di origini italiane (figlia di veneti emigrati nel primo dooguerra) con Gènie la Matta (ne abbiamo scritto qui e qui), romanzo seguito nel 2023 da Giorno di vacanza (ne abbiamo scritto qui). Altrettanto imperdibile appare la raccolta di racconti I pipistrelli (166 pagine, 18 euro), l’ultimo volume pubblicato, perché da lì in avanti, dopo la morte del marito Yves, nel 1990, e fino alla morte nel 2007, non scrisse più.
L’esclusa
Deboli, indigenti, tristi sono i protagonisti di queste storie implacabili di Inès Cagnati – antidiva immune alla retorica – scritte con una lingua essenziale e ambientate in una malinconica e gelida campagna francese, probabilmente la stessa in cui Inès Cagnati crebbe, con i genitori e le sorelle, nel sud-ovest della Francia, dove erano abbastanza frequenti gli insediamenti di gente che arrivava da oltreconfine, specialmente dall’Europa orientale. A parlare in questi racconti è una creatura che non guarirà dalle proprie malattie interiori, una ragazzina, poco più che una bimba, di una famiglia straniera, indigente, appena tollerata, in uno spicchio di Francia che sembra fuori dal mondo, una società poco accogliente, diffidente, che non si prende cura di chi sta un passo, o anche più, indietro, in generale dei più fragili. Una voce speciale, di una solitudine estrema, totale, territoriale e fisica almeno quanto interiore. Ci si perde in questa voce, nella sua sensibilità e nel suo mondo.
I pochi rifugi
I campi, gli alberi, i ruscelli, le mucche al pascolo, la natura, insomma, è predominante nell’orizzonte di Inès Cagnati, uno dei pochi rifugi, insieme a qualche fantasticheria, in pagine che si nutrono di uno sguardo che cerca meraviglia in mezzo al dolore, vorrebbe comprensione, s’accontenterebbe di piccoli gesti, ma viene più che altro ostracizzato, a cominciare dai primi giorni di scuola (nel racconto La ragazzina in azzurro), messo a fare i conti con una serie di assenze e sradicamenti, di discriminazioni ed emarginazioni. Tra asprezze e violenze, miserie e sofferenze l’infanzia non è un paradiso perduto, ma una scatola vuota, senza tenerezze e speranze: genitori di pochi mezzi, non solo economici, e una madre anaffettiva richiamano molto i romanzi che già in tanti conoscono e hanno imparato ad apprezzare.