La lotta delle donne per l’uguaglianza passa attraverso la presa di coscienza di sé e la costruzione dell’identità individuale nella consapevolezza del proprio essere e del proprio posizionamento nel mondo. “Pampaluna”, romanzo di Sara Durantini, offre un racconto personale della propria presa di coscienza, racconto che diventa condivisione di un mondo e di una cultura collettiva che ha visto la formazione delle donne di una generazione
Pampaluna (144 pagine, 14 euro), Dalia edizioni, è la storia di una bambina prima, adolescente poi, ragazza alla fine. È un racconto di formazione che travalica la storia ordinaria di come ci si scopre donna. Sara Durantini racconta il proprio vissuto identificando in Pampaluna, luogo di vita e di famiglia nella campagna padana, la propria iniziale collocazione nel mondo, un mondo che non è solo geografico ma anche storico.
Il racconto parte come il ricordo di infanzia di una bambina che vive la campagna come l’opportunità di libertà e di bellezza con la sua famiglia. Un incidente porta la protagonista a fare i conti con la propria condizione, la capacità narrativa di Durantini è sorprendente perché il lettore si ritrova a vivere come proprio lo shock della scoperta di un problema che impedisce alla protagonista di esprimersi correttamente, problema di cui la bambina non ha avuto contezza nella convinzione di sapersi esprimere in quanto compresa da chi le stava intorno, la mamma, il papà, i nonni. Qui il primo grande tema del libro, la capacità di farsi comprendere che risiede anche nella propensione degli altri alla comprensione. Possiamo anche non essere in grado di esprimerci correttamente, ma se chi ci sta di fronte ha la volontà può fare lo sforzo di comprendere.
La rivelazione del limite di parola della bambina rappresenta anche a mo avviso, il primo grande elemento che segna la bravura della scrittrice ovvero la sua capacità di raccontare la costruzione dell’Io oltre la presenza del Sé, nella presa di coscienza del proprio limite e nella realizzazione di come effettivamente si è e non di come si pensa di essere. Questa presa di coscienza, che solitamente avviene nella pubertà, nel romanzo è anticipata alla prima infanzia e segna tutta la vita della persona, ostacolata sì da un limite, ma spronata alla costruzione di un Sé che corrisponda all’Io, l’immagine esterna alla propria immagine interna.
Fondamentale in questo è la scuola e l’incontro con la maestra che la guida nell’apprendimento della scrittura e della lettura, chiave di volta nella vita della protagonista.
La centrale “perifericità” della donna
La maestra, una donna. Non è l’unica donna centrale nel libro. Pampaluna, racconta (anche) un mondo al femminile, il mondo di una madre che da giovane affronta la separazione dal proprio uomo, di nonne presenti e simbolo di una vita rurale, di una prossimità sociale che va scomparendo. Ho trovato nel racconto una corrispondenza tra questo mondo fisico e sociale periferico, quello della campagna padana abitata in maniera diffusa, e la perifericità della donna che resta ai margini di un contesto sociale che pone al centro la città e il maschio, ma che rappresenta il centro indiscusso della vita dei singoli, una centralità riconosciuta in maniera subalterna al mondo esterno.
In un capovolgimento di prospettiva quello che è periferico ai molti è centrale per le singole persone, un policentrismo che vede nella donna la protagonista di una visione e di una sensibilità connaturate alla costruzione della propria identità come modalità ancestrale di tramandare il connotato femminino che è identità non solo genetica.
“Il personale è politico”, lo sguardo allargato all’ambiente
Allargando lo sguardo, il racconto di Durantini è il racconto della nostra Italia, dei cambiamenti che intercorrono negli anni ‘80 e ‘90 del ‘900, di una società che di colpo non riconosce più le proprie evoluzioni, anzi le proprie involuzioni. È la costruzione di una cultura pop condivisa fatta di cartoni animati giapponesi e musica leggera, ma anche della fine dei partiti tradizionali, del crollo delle ideologie, della disillusione portata dai processi per tangenti.
In un mondo così in evoluzione che spazio può avere una bambina che diventa ragazza? Quale la costruzione di un Io e di una consapevolezza di donna quando intorno tutto sembra minare la propria indipendenza?
In modo delicato e senza urlare traumi, Durantini ribadisce quello che le femministe gridano da decenni, quello che sembra un slogan e invece è un manifesto programmatico: “il personale è politico”, la maturazione del proprio essere donna non può prescindere dal contesto.
Se la crescita è complessa a maggior ragione lo diventa per una bambina che deve affrontare un problema legato alla negazione della propria parola. Esprimersi in maniera corretta diventa la metafora di quello sforzo che tutte compiamo per trovare la nostra voce nel mondo a prescindere dai condizionamenti e dalle possibilità intrinseci ed estrinseci, correlati al mondo esterno e all’ambiente nel quale cresciamo, viviamo, agiamo. E proprio alle soglie della possibilità di agire che Pampaluna si interrompe, quasi che la formazione sia la parte propedeutica all’azione, all’agire nel mondo.
Pampaluna è tuttavia un racconto di speranza, ai limiti imposti dalla vita si reagisce con le proprie capacità, con la propria forza, ma nulla è possibile senza il substrato fornito da chi ci ha cresciuto, dalle persone che hanno accompagnato il nostro percorso e hanno contribuito, spesso in maniera determinante, a definire la direzione del nostro viaggio.
Lo stile che ricorda le madri del passato e del presente
Qualche parola sullo stile di Durantini. La prosa è essenziale, ma non asciutta. Il romanzo, pur breve, ha la capacità di raccogliere molti temi di elevata complessità e profondità senza trascurare contenuti e questo grazie proprio allo stile legato a un uso consapevole della parola.
La scrittura rivela la profonda cultura della scrittrice legata a grandi autrici del passato di cui fa tesoro, non a caso Durantini ha pubblicato diversi libri sulla vita e sulle opere di Annie Ernaux, Marguerite Duras, Colette (ne abbiamo scritto qui). Un’eredità culturale che si rivela nei temi e nella capacità di descrivere il personale leggendo il contesto storico in cui il personale si dipana in una interconnessione cosciente solo a posteriori, ma che si palesa nel momento della propria presa di coscienza.
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