È un romanzo dalle molteplici chiavi interpretative “Il libro perduto di Adana Moreau” del debuttante Michael Zapata. Una storia collettiva di sofferenza e fuga, di tutti gli esiliati e della ricerca di qualcosa che possa chiamarsi casa. Dalla Repubblica Dominicana a New Orleans, passando per Israele. Protagonista Adana, che scrive un paio di romanzi di fantascienza e… Nuovo appuntamento con Area 22, la nostra rubrica dedicata alla letteratura e alla cultura ebraica (qui tutte le puntate precedenti)
I libri s’insinuano nel nostro vissuto e sostanzialmente, almeno per chi scrive, ci sussurrano soprattutto quello che vorremmo sentire. Una risaputa riflessione che si è condensata in un turbinio appassionante quando, da vecchio appassionato di fantascienza, ho affrontato la lettura di Il libro perduto di Adana Moreau (Giuntina, 290 pagine, 19 euro) dell’esordiente Michael Zapata, tradotto dalla scrittrice Viola Di Grado, che in questi mesi ha compiuto un anno di pubblicazione in Italia (il romanzo è del 2020 con cui ha vinto il Chicago Review of Books Award for Fiction). Ad accogliermi è stato innanzitutto un jukebox di nomi, riferimenti e citazioni – alcuni studiatamente fittizi, altri reali -, seguito da deliziose cuciture che legano alcuni temi
e la generale atmosfera di scoperta e avventura dell’era artigianale e pionieristica della science fiction di primo Novecento con l’abito sofisticato del nostro vissuto contemporaneo e delle sue molteplici afflizioni geopolitiche. Ed è solo un taglio della lettura di un romanzo che cela diverse chiavi interpretative, tante quante sono le storie e i libri che contiene, come in una specie di biblioteca borgesiana con i libri che si autogenerano.
La fantascienza nella città del jazz
Una scrittura che, soprattutto all’inizio, mantiene un incedere semplice e soffuso, quasi fiabesco, che inevitabilmente si spande anche nella trama: i marines che nel 1916 invadono il territorio della Repubblica Dominicana e uccidono i genitori di Adana sono i cattivi, lei che scappa in Louisiana e incontra un altro profugo che dice di essere un pirata sono i buoni. Poi si trasferiscono a New Orleans e lì nasce Maxwell, il figlio. Qui, avviluppata in una città popolata dalle storie dei suoi abitanti – “i siciliani avevano replicato parte delle innumerevoli, oniriche, raffinate storie della loro isola su quelle strade che ora loro calpestavano” – Adana Moreau scopre la lettura di Lovecraft, Bierce, Wells. La fantascienza assaporata nella città del jazz ne solletica visioni straordinarie – e qui emergono spontanee le riflessioni di Fruttero e Lucentini che proprio alle profonde affinità tra science fiction e jazz dedicarono l’antologia del Quarto Libro della Fantascienza – che in qualche misura riproducono in nuce lo spirito stesso del libro di Zapata: «Attraverso l’irrealtà, pensava, comprendevano almeno una cosa importante: che le persone possono essere altre persone, le città possono essere altre città, i mondi possono essere altri mondi».
Naturalmente, un manoscritto
Speculazioni peraltro decisamente innestate nel tessuto della realtà – perché poi cos’altro è la fantascienza se non è un’iperbole del presente, un’estensione ragionata e a volte estrema del possibile, una letteratura sulfurea dalla “litigiosità ustionante” e dalla “prensilità serpentesca” diceva Manganelli – e infatti in questo duplice binario spesso sovrapposto, reale e irreale, si snoda la trama che procede nel solco della ricerca e restituzione di un romanzo perduto. Adana, infatti, nel 1929 scrive un romanzo di fantascienza intitolato Città perduta che ovviamente pesca nell’immaginario più classico e consolidato della fantascienza di quegli anni: portali, viaggi dimensionali, terre e universi paralleli. Non fa grandi fortune, anche se il risultato è buono per la piccola casa editrice che lo pubblica, e decide di farne un seguito: Una Terra Modello. E qui s’innesca la storia che dà il titolo al romanzo principale. Moreau si ammala e muore, lascia figlio e marito, e distrugge l’unica copia del manoscritto. Ma i mondi di questo romanzo non finiscono, anzi proliferano. Saul, nato in Israele, anche lui orfano, i cui genitori sono stati uccisi in un attentato, cresce negli Stati Uniti con Benjamin Drower, il nonno che di mestiere fa lo storico. Sarà lui ad affidargli un misterioso pacco da consegnare proprio a Maxwell Moreau, fisico teorico in un’università cilena.
Un polpo multidimensionale
Il romanzo è un polpo multidimensionale che affonda, con i suoi tentacoli, nelle grigie stagioni dell’umanità, quasi fossero mondi e universi inaspettati, esplorando il panorama molteplice dell’esilio, della sofferenza, della fuga. Dall’occupazione americana della Repubblica Dominicana nel 1916, che è l’elemento storico che apre il romanzo, alla Russia sovietica, alle storie dei desaparecidos, ai disastri dell’uragano Katrina a New Orleans. Ne emerge una storia collettiva di tutti gli esiliati, di tutti i mondi, e della ricerca di qualcosa che possa chiamarsi casa in questo folle multiverso.
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