“Malastrada”, sequel de “I Malarazza”, è un continuum rutilante di avvenimenti e decisioni catastrofiche, con protagonista la famiglia siciliana dei Montalto negli Usa. Una dinastia a capo di un pachidermico impero economico, e che si muove fra le pieghe della storia, tra proteste socialiste, soprusi mafiosi, rivolte di detenuti, caccia ai dago, lo sprezzante nomignolo dato agli italiani. In attesa dell’epilogo di una trilogia, quella di Ugo Barbàra, che faticheremo a dimenticare…
L’epopea dei Montalto continua e dal rivugghio de I Malarazza (qui l’articolo), ora facciamo i conti con le camurrie in Malastrada.
Promesse mantenute e tragiche fatalità, in un continuum rutilante di avvenimenti e decisioni catastrofiche: la famiglia Montalto e l’universo umano che le ruota attorno, attraversano la Storia, dal 1880, ai mitici Anni Ruggenti, per ritrovarsi più uniti che mai.
Un mosaico di voci e destini
La verità non è altro che uno specchio andato in frantumi: solo quando tutti i pezzi tornano insieme restituiscono l’immagine completa. Ma bisogna stare attenti: non è detto che rifletta ciò che ci si aspetta di vedere.
Malastrada (686 pagine, 20 euro) di Ugo Barbàra, edito da Rizzoli, ci accoglie con una voce fuori campo, la stessa che ci aspettava nel prologo de I Malarazza, che come Caronte ci traghetta nel flusso della storia e ci invita a raccogliere preziose briciole di verità in grado di comporre un mosaico multicolore di voci e destini. Chi sia l’io narrante non ci è ancora dato sapere…
Da New York a Castellammare, l’impero dei Montalto, costruito con tanta tenacia e ambizione da Antonio e Rosaria, è un pachiderma difficile da gestire, ancora di più se la discendenza offre poche figure in grado di sostenerne il peso.
I figli solidi e affidabiili
A brillare per responsabilità e lungimiranza sono i figli Benedetta e Leonardo, entrambi custodi di una promessa da mantenere, solidi e affidabili, lottano nel nome di una dinastia, perdendo spesso il loro volto nello specchio dell’esistenza. Molte saranno le rinunce, le bugie e le scelte impossibili che dovranno prendere e ognuna trascinerà con sé la sorte di numerose persone, dei loro sogni, dei loro desideri.
Per questo gli affari di casa Montalto prosperavano. Le navi partivano dall’Italia cariche di anime e del cibo che al di là dell’Atlantico avrebbe curato la loro malinconia.
Leonardo a New York e Benedetta a Castellammare, tracciano confini, etici, commerciali e politici, nel tentativo di arginare i dissesti della Storia.
È proprio nel solco della grande Storia che s’innestano le vite dei personaggi, esattamente dove tutto succede, mai comparse, ma veri protagonisti degli avvenimenti storici.
È così che il lettore si trova catapultato sul treno che lo porterà da New York alla California, assieme a Ignazio Rizzo, in cerca della cura alla fillossera, il letale parassita dei vitigni, e ogni carrozza che prenderà, sarà esattamente quella che viaggiava nel 1881. È tra queste pagine che farà bella mostra di sé il Pullman Pioneer: quello che fu un vero e proprio Hotel su due ruote.
Trame e sottotrame
Avanzando in un continuo di trame e sottotrame, assistiamo ai grandi ribaltamenti storici, alle prime proteste socialiste, ai tentacolari soprusi mafiosi, alle rivolte nel carcere di New Orleans e alla Caccia ai dago: soprannome dispregiativo rivolto agli immigrati italiani in America.
La cura dei particolari è talmente minuziosa, che la lettura di questo romanzo risulta un esercizio appagante su più livelli (inutile nasconderlo, mi sono divertita a risalire alle microsituazioni storiche narrate, dai ritagli di giornale, alle foto, fino al taglio dei capelli dei personaggi).
Ogni personaggio ha la forza di sorreggere una micronovella autonoma e avvincente, senza sfilacciare per questo il canovaccio narrativo principale, ma colorando la trama con tematiche e riflessioni pregnanti.
Una luce nuova
Abituati alla logica di Kundera che sostiene che il romanzo «non abbandona mai il cerchio magico della vita dei personaggi», Ugo Barbàra ci stupisce e ci invita a vivere al di fuori del romanzo, oltre alla sfera esistenziale dei protagonisti, che diventano parte integrante del tempo storico.
La dimensione del romanzo si dilata verso i territori del reale, del reportage storico, inondando la trama di una luce nuova, illuminante e coinvolgente, in grado di soddisfare il palato dei lettori esigenti.
A costruire la spina dorsale del testo è lo sguardo curioso e attento di chi cerca il vero senso della parola immigrato, di chi non ha paura di riconoscere la propria finitezza, di chi si sporca mani e piedi tra le miserie dei Tenement nel Lower East Side, così come tra la polvere e il sudore dei campi siciliani.
Una scrittura confidente, visiva, emotivamente calibrata ci traghetta in quello che sarà l’epilogo di una trilogia, quella di Ugo Barbàra, che faticheremo a dimenticare.
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