Respirare la vita con il realismo impeccabile di Tobias Wolff

La natura umana palpita nei racconti molto diversi di un grande vecchio delle lettere americane, Tobias Wolff: in “Proprio quella notte” non ci sono mai parole di troppo anche nei momenti più difficili. Storie costruite in modo certosino, ma non algide, piene di menzogne, inquietudini e desideri

Provate a immaginare uno scrittore che scrive principalmente racconti, in modo impeccabile, “benedetto” dall’amico Raymond Carver (c’erano anche Dubus e Ford a insegnare, con loro, nell’università di Syracuse), e che, nella prima delle quindici storie che costituiscono una delle sue più famose raccolte, dedicate alla figlia, citi un paio di scrittori (Twain e Brautigan). State immaginando Tobias Wolff, uno dei grandi vecchi delle lettere americane, che dopo essere apparso più volte in libreria sotto le insegne di Einaudi, ha iniziato a fare capolino per la casa editrice Racconti. L’ultimo arrivato è il più che memorabile Proprio quella notte (285 pagine, 18 euro), con traduttrice di qualità e di lungo corso, Laura Noulian, e prefazione di Paolo Cognetti. Di Cognetti ci si può fidare eccome, quando si parla di racconti (è un maestro della prosa breve, i suoi primi volumi per Minimum Fax possono reggere l’onda d’urto del tempo ben più di tutti i suoi libri ambientati in montagna), quando introduce al mondo di Tobias Wolff, collocandolo lucidamente fra Hemingway, da una parte, Fante e Bukowski dall’altra. È uno di quei casi in cui i favori della critica e i premi ottenuti non devono… disorientare i lettori.

Solitudine e violenza

È la natura umana che Tobias Wolff scandaglia e indaga in modo certosino, condensando azioni, pensieri, dialoghi, allestendo un teatro di sentimenti e comportamenti, su tutti la menzogna, il dubbio e il cambiamento – si pensi rispettivamente al primo racconto, Comuni mortali, e il tredicesimo, Proprio quella notte – ma anche il senso del dovere, i desideri e l’inquietudine. Chi non ha ancora assaporato la prosa di questo scrittore americano dell’Alabama – e in particolare di questo libro, a oltre vent’anni dalla prima edizione italiana – avrà la possibilità di stupirsi quasi a ogni pagina. Ci sono di mezzo anche la solitudine e, ancor di più, la violenza, fra Usa e Vietnam, o tra un cane (il «bestione nero» del racconto La catena) e una pallottola (durante la cui parabola mortale si svolge un racconto nel racconto Una pallottola nel cervello). Sono trascorsi quasi trent’anni (era il 1996) dalla pubblicazione negli States, ma lo sguardo e la voce di Tobias Wolff, il suo realismo impeccabile e a volte straziante, restano una lezione di sconcertante attualità, che ci invitano comunque a respirare la vita – imperfetta, incosciente, irrisolta – nonostante tutto.

Persone normali

Non ci sono mai parole di troppo nelle storie di Tobias Wolff, pure nei momenti più drammatici, di imminenti tragedie, o quando si fanno i conti con i traumi della guerra. Sono racconti costruiti nei minimi dettagli, con una certa ideazione e un implacabile sviluppo. Ma questo non implica che siano freddi, neutri, avulsi da passioni. La condizione umana palpita fra le pagine di racconti molto diversi fra loro e il tentativo di comprendere gli Usa, attraverso persone normali, certamente non eroi, fanno di questo scrittore, classe 1944, una cartina di tornasole indispensabile, ancora non abbastanza apprezzata alle nostre latitudini

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