È un romanzo storico in cui prevale l’immaginazione, “La babilonese” di Antonella Cilento: l’eterno ritorno in vari luoghi e diversi secoli di una regina assira sfuggita alla vendetta del marito. Un romanzo di romanzi di rara sensibilità e scrittura magnetica, sulla memoria e sulla passione, ma anche sulla potenza del corpo femminile e sull’evoluzione della memoria e della comunicazione
Neanche in un libro ibrido e solo apparentemente lontano dalle sue corde, Antonella Cilento aveva stentato. Anzi. Ne Il sole non bagna Napoli (qui l’articolo) si era esaltata, contenendo appena l’approccio dell’affabulazione, che adesso riabbraccia debordante nel suo nuovo romanzo, proposto dalla casa editrice Bompiani, nella collana Narratori italiani. La memoria, le guerre, la vendetta, il potere, la morte e la passione amorosa riecheggiano in ogni pagina de La babilonese (372 pagine, 20 euro), che porta a spasso il lettore dalla Ninive del settimo secolo avanti Cristo – la capitale del mondo a quei tempi – alla Napoli degli anni Duemila, passando per Londra, in sei capitoli uno più affascinante dell’altro. Un romanzo storico, dunque? Certo, in qualche modo, in senso lato, visto che l’autrice stessa precisa: «Ho scelto di trasfigurare fatti e personaggi, nonché formule ed espressioni tecniche della Storia a vantaggio delle fantasia».
Una regina e le sue incarnazioni…
C’è una donna che riecheggia nei secoli e ritorna eternamente sotto altre spoglie, altri connotati, altre generalità. Se vogliamo come la niña mala di Mario Vargas Llosa, che però si limita ad attraversare alcuni decenni. Il parallelo finisce qui, perché dietro i due romanzi ci sono mondi totalmente lontani. Antonella Cilento brilla per immaginazione e per una lingua briosa, multiforme, scintillante. Sovrani e archeologi, schiavi e pittori sostengono un’impalcatura narrativa audace, ma che tiene botta senza mai cali di tensione. La consorte del re assiro Assurbanipal, Libbali, è la prima babilonese di una serie, come se fuggisse non solo nello spazio, ma attraversando il tempo, sempre accompagnata da una bimba bionda che ha una lucerna. La sua colpa? Aver partorito quattro bimbe, anziché un maschio da destinare in futuro al trono, e poi amare un prigioniero ebreo, Avhiram, con lui tradire il sovrano, generare figlie. Il suo destino? Scappare, diventare Lionora a Nicosia (Cipro), ammaliare e sedurre l’archeologo Henry Layard in una casa dalle imposte azzurre prima e in un bordello poi. Ricomparire negli abiti di una fattucchiera, chiaroveggente, madame Aliénor Ballu, in quello che forse è il capitolo più delizioso e riuscito, un piccolo romanzo d’appendice, con un cameo di un nume tutelare del genere, il super prolifico Francesco Mastriani. E così via. Di un volume così rutilante, come quello di Antonella Cilento non è giusto anticipare molto di più, se non che arriva quasi ai giorni nostri; è una lettura da godere, dalla prima all’ultima pagina.
È stata una vertigine
Non sarà semplice venir fuori indenni dalla lettura di questo romanzo di romanzi che non lascia scampo e fiato, che tocca vette di bellezza da far venire le vertigini. Antonella Cilento si conferma scrittrice di rara sensibilità, di vaste conoscenze, di scrittura magnetica e caleidoscopica, sempre generosa, mai asfittica. Questo racconto ciclico che, ha spiegato la stessa scrittrice napoletana, ha tanti piccoli appigli biografici (a cominciare dalle visite di alcune mostre), ragiona anche su almeno altri due temi: la “pericolosa” seduzione del corpo femminile (ben saldo però all’anima delle tante protagoniste in una sola..) e, in qualche modo, anche sulle forme di comunicazione e memoria, dalla scrittura cuneiforme sulle tavolette d’argilla ai cloud del web. È un dolce ipercalorico con tantissimi ingredienti, La babilonese di Antonella Cilento, placa la fame di chi cerca cibi gustosi e nutrienti…