Autore residuale per la fama riconosciutagli, benché sia uno degli scrittori più importanti del Novecento sudamericano, campione del racconto breve, un Borges formato Whatsapp, Augusto Monterroso. L’autore guatemalteco punta l’occhio sulle e paradossali situazioni che possono scaturire dal quotidiano, anche da singoli insignificanti momenti. Come accade in “Opere complete (e altri racconti)”
Piccole case editrici indipendenti che pubblicano “opere che hanno rischiato di perdersi, conciliando lo sguardo verso il passato con l’attenzione alle voci del mondo contemporaneo, da tutto il mondo”. Il virgolettato viene dalla homepage di una piccola casa editrice di Perugia, la quale nel suo pur piccolo catalogo può annoverare opere “minori” quali quelle di Jean Cocteau e Francis Scott Fitzgerald accanto a quelle di autori più o meno noti al grande pubblico dei lettori. Tra queste ultime da nominare quelle di Augusto Monterroso del quale la stessa casa editrice si premura di evidenziare nel risvolto di copertina dell’ultimo titolo pubblicato, Opere complete (e altri racconti) (112 pagine, 14 euro), Occam editore 2024, di come sia in corso da parte loro la pubblicazione dell’intera opera dello scrittore guatemalteco. Non tragga quindi in inganno l’altisonante titolo di questo breve volume che ha la forma di una plaquette, poco più di cento pagine che a dispetto del titolo appunto sono in realtà tredici racconti brevi, solo una parte della sua opera, quella del suo esordio come scrittore nel 1959, alla già veneranda età di anni trentotto. Uomo di letture sterminate e insuperabile nell’uso della sintesi e nella concisione ed ellitticità dei suoi scritti Augusto Monterroso è nato nel 1921 a Tegucigalpa, la capitale dello stato centroamericano dalla quale fuggirà per motivi politici (l’opposizione al regime di Jorge Ubico) rifugiandosi con la famiglia in Messico dove passerà gran parte della sua vita diventando giornalista, editore e accademico della UNAM, la per molti versi mitica Università autonoma di Città del Messico che spesso compare nei racconti di un altro scrittore sudamericano invece di culto quale Roberto Bolaño, e qui maturerà quasi suo malgrado la statura dello scrittore che fortunatamente è riuscito a essere tramandato, alternando le sue esperienze letterarie alla carriera diplomatica, sia in Messico che successivamente in Bolivia ove ricoprirà il ruolo di ambasciatore a seguito dell’ascesa al potere in Guatemala del governo progressista di Jacobo Arbenz, un autore in ogni caso residuale nel panorama globale delle lettere per la fama che gli è riconosciuta, benché sia da considerare uno degli scrittori più importanti del Novecento sudamericano, proprio per la forma delle sue opere, il racconto breve, in alcuni casi brevissimo, tanto che Il Dinosauro, contenuto proprio in queste Opere complete, è stato considerato il racconto più breve di tutta la storia della letteratura, tanto vale riportarlo per intero: «Quando si risvegliò, il dinosauro era ancora lì». Un racconto di un solo rigo che contende il singolare primato alla celebre six-word-story attribuita a Ernest Hemingway: «Vendesi scarpe da neonato, mai usate»,
Narrazione in miniatura, vocazione etica
Ma tranquilli, all’interno dell’ultimo volume di Augusto Monterroso pubblicato da Occam (e anche nelle precedenti raccolte già pubblicate presso altri editori) si possono reperire pure storie più articolate, benché lo scrittore latinoamericano, e non poteva che essere latinoamericano coerentemente a quella già ampia tradizione di narratori specializzati nel breve, sia considerato il padre del micro racconto, narrazioni in miniatura che non sono solo una questione quantitativa ma un fatto di sguardo, di attenzione al dettaglio, quasi una vocazione etica la sua: “Un libro è una conversazione. La conversazione è un’arte, un’arte educata. Le conversazioni ben educate evitano i monologhi molto lunghi, e perciò i romanzi sono in definitiva un abuso delle relazioni. Il romanziere è così una persona maleducata che presuppone i suoi interlocutori disposti ad ascoltarlo per giorni”.
Difficile trovare un termine di paragone a Monterroso tra altri autori di racconti magari a lui coevi sia per collocazione storica che geografica. Potrebbe venire in mente il più ampiamente conosciuto Julio Cortázar, magari per la cifra fantastica e in alcuni casi grottesca che accomuna gli scritti dei due, meglio immaginarsi un Borges formato WhatsApp, ove se nello scrittore argentino dominano temi quali l’eternità, i giochi di specchi e i sogni dentro i sogni, nello scrittore guatemalteco invece lo fanno le paradossali situazioni che possono scaturire dal quotidiano e da singoli insignificanti momenti, divenendo le storie, grazie al raffinato senso dell’umorismo unito a una costante riflessione metaletteraria, delle irresistibili satire sulla condizione umana, in molti casi trasfigurata tramite la lucida metafora sulla condizione latinoamericana, una forma di realismo che con uno sguardo ironico mette in luce i suoi aspetti comici fino a declinare nel fantastico e mettendo in luce il lato più amaro dell’esistenza umana, non senza strappare un sorriso e spingendo a solidarizzare empaticamente con i più deboli con un senso di umana pietà.
Protagonisti bizzarri, disavventure esilaranti
Situazioni strambe, tra il fantastico e il grottesco, personaggi dolenti e bizzarri che ricordano in alcuni casi gli improbabili protagonisti e le disavventure che loro avvengono in quel sottobosco letterario spesso rappresentato nei romanzi o racconti dello stesso Bolaño, scritti che hanno incontrato l’ammirazione persino di Gabriel Garcia Márquez e Italo Calvino. Da un insignificante e bizzarro evento Augusto Monterroso può arrivare a narrarci l’intera Storia, o una parte di essa, grazie alla sagace ironia della sua penna e alla sua acuminata mano parodistica. È questo ad esempio il caso di Mr Taylor, il racconto che apre il volume e centrato su un esportatore di teste di indigeni amazzonici verso il Nord America, racconto con un finale a sorpresa ancora più grottesco e straniante del già di per sé per contenuti intero racconto che in fondo vuole essere una graffiante satira sulla presenza statunitense in Bolivia. Esilaranti sono anche altri racconti presenti quali quello sul medico che ha inventato il “radiodiffusore” (Uno su tre), uno strumento in grado di lenire le sofferenze dei “pazienti” che lamentano la mancanza di ascolto e compassione da parte del prossimo, una trovata che sa molto di anticipatrice rispetto all’attuale era dei social e allo stesso tempo una breve perla meta letteraria, sicuramente spassosa e divertente, così come lo è Non voglio ingannarvi, incentrato sulla figura di un’attrice che confessa in pubblico di non ritenersi meritevole del valore attribuitole o quello che narra le velleità artistiche di una First Lady, fino al più disturbante racconto a più voci Anche Diogene, alle contorsioni psicologiche di una padre che assiste al concerto per piano della figlia in Il concerto o alle stramberie della natura quali quelle legate alla figura dell’uomo più alto del mond in Il Centenario. Insieme alla fulminea brevità del già citato Il Dinosauro, Leopoldo (e i suoi lavori) rappresenta un po’ il manifesto poetico di Augusto Monterroso. In questo racconto meta letterario ben più articolato e che è anche il più lungo della raccolta infatti siamo alle prese con i turbamenti di uno scrittore in crisi, uno che in fondo non ha voglia di scrivere (si fanno sentire qui gli echi autobiografici dell’autore che infatti è arrivato alla ribalta letteraria in età tardiva e quasi per caso). Il racconto verte sui dubbi e le incertezze del provetto scrittore, con frasi spezzate, tentativi abortiti, perché la memoria non è quel blocco unico e compatto che permette di tenere insieme le cose, ma anche e soprattutto è fatta di frammentarietà, la stessa che si riscontra nella scrittura di Monterroso, diffrazione, increspature, fratture e lesioni. Così accade che il racconto sul come si scrive un racconto è composto da ben quattro diversi abbozzi di racconti fedelmente al credo estetico del suo autore “convinto che si sarebbe potuto scrivere un racconto su qualsiasi cosa, che i migliori racconti, e anche i migliori romanzi, sono basati su fatti comuni, su avvenimenti quotidiani e senza apparente importanza” fino alla rivelazione e risoluzione finale: “perché scrivere tanto se tutto, assolutamente tutto, si può esprimere nella sobrietà di una cartella?” (forse questa una lezione da seguire anche quando si scrive una recensione…sigh!). Una lezione di scrittura vera e propria che molti grandi scrittori hanno fatto propria: è più importante il tagliare che aggiungere a un testo, qualcosa che ha a che vedere con la lezione di Borges per il quale era più importante la rilettura che la lettura.
Oltre i confini dei generi
Insomma si sorride e si riflette con queste opere di Augusto Monterroso, il volume di esordio dal titolo pomposo e in linea con l’ironia di fondo che caratterizza la sua poetica e che ricordano proprio nel titolo e nella forma quelle di Daniele Benati, lo scrittore emiliano purtroppo mai troppo letto il quale con le sue Opere complete di Learco Pignagnoli e altre Opere complete ci ha fatto allo stesso modo sorridere e riflettere (ne abbiamo scritto qui).
Una scrittura quella di Augusto Monterroso con la tendenza a superare i confini tra i generi letterari, tra la prosa, l’illuminazione dell’haiku e la concisione dell’epigramma, dell’aforisma e del proverbio, che non manca di una sottile e arguta riflessione meta letteraria all’interno dei suoi racconti i quali a dispetto di un’aria svagata e irriverente sono ricchi di rimandi linguistici e intertestuali alla grande tradizione letteraria, una dottissima riflessione sulla letteratura testimoniata anche dalla raccolta di saggi dal titolo La parola magica edita da Occam nel 2022 (sempre loro) che spazia da grandi maestri quali Shakespeare, Quiroga, Borges, fino a aneddoti e disavventure di un traduttore (a proposito quello delle Opere complete è Bruno Arpaia, già oltre che traduttore e saggista e romanziere grande conoscitore della letteratura spagnola e latinoamericana), facendolo ovviamente sempre con il suo stile, illusionistico, di una rara intensità e condensazione nelle poche pagine che utilizza, una vocazione affabulatoria non necessariamente edificante, quanto equivoca e irriverente come appare nell’altra raccolta di micro narrazioni sempre edita recentemente da Occam (2023) dal titolo La pecora nera e altre favole, una zoologia fantastica nella quale humour nero e puro divertissement si legano in una perfetta armonia, per non dimenticare le sue incursioni nell’autobiografia, sui generis quella contenuta in I cercatori d’oro, incentrata sui primi quindici anni di vita dell’autore o quella fittizia come in Il resto è silenzio, il suo unico romanzo edito da Sellerio nel 1992 e ancora in disponibilità, o come ancora in quella sorta di diario di viaggio che è Lettera e (Occam 2023)
Queste Opere complete (e altri racconti) di Augusto Monterroso che vedono nuovamente la luce in questo 2024 possono essere quindi un breve viatico alla scoperta di uno scrittore guatemalteco del secolo corso le cui opere come ci avverte appunto la casa editrice sono in corso di pubblicazione presso Occam editore, e allora complimenti a Occam editore, e alla prossima opera!
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Ciao, innanzitutto complimenti per il blog! Ho trovato questo articolo molto interessante e pieno di spunti di riflessione. Grazie per aver condiviso queste informazioni!
grazie a te dell’attenzione