La traduzione e il successo de “Il Gattopardo” nella Germania Est degli anni Sessanta sono un paradosso editoriale che solo un eccellente saggio firmato da Bernardina Rago riesce a dipanare. Ne “Il Gattopardo a guardia del muro” si racconta la corsa a ostacoli della traduzione di un romanzo che sembra antitetico a tutto quello che ha rappresentato la Ddr. Merito di un “testimonial” cocciuto e speciale e di una sua postfazione spericolata…
La rara traduzione tedesca Der Leopard, pubblicata nella Ddr, è uno degli innumerevoli miracoli di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Come il film realizzato da Luchino Visconti, che aveva il Pci come partito di riferimento. Mario Alicata, responsabile della linea culturale del Pci, aveva bocciato nel libro l’«apologia di un mondo passato, raccontato e idealizzato da un aristocratico» e il «ridimensionamento di un mito rivoluzionario come quello del Risorgimento». Poi da Oltralpe Louis Aragon, vate comunista di respiro europeo, aveva riabilitato il titolo postumo del nobile palermitano, giudicandolo, oltre che il miglior romanzo italiano dopo I promessi sposi di Alessandro Manzoni, una critica dall’interno di una classe sconfitta dalla storia, quella aristocratica: un intervento quello di Aragon, che era stato «un fragoroso proiettile nell’ambiente letterario della sinistra». L’approdo del Gattopardo nella Germania est appare, però, impresa ancora più mirabolante. Ed è quel che indaga la pugliese, di bisnonna siciliana, Bernardina Rago in un saggio, Gattopardo a guardia del muro. Storia di un giallo letterario nella Germania socialista (247 pagine, 13 euro), scritto con un ritmo e con incastri perfetti, pieno di colpi di scena, nulla a che vedere con molti studi paludati, astrusi, noiosi. Pubblicato nel 2023 dall’editore berlinese Frank & Timme con un altro titolo (“Il Gattopardo“ nella DDR. L’ assimilazione di un romanzo aristocratico nella Germania socialista), il volume di una valentissiima studiosa come Bernardina Rago trova adesso spazio nell’Universale economica di Feltrinelli, casa per antonomasia di Tomasi.
Tomasi e Kurella, anime affini
Alfred Kurella – responsabile della commissione Cultura e uomo molto vicino a Walter Ulbricht, capo di Stato della Ddr – fu il deus ex machina di quella che sembra una delle più improbabili e paradossali imprese editoriali di sempre. Nella Germania Ovest il romanzo era stato pubblicato (tradotto da Charlotte Birnbaum, con la “benedizione” della moglie di Tomasi). Ma la Germania Est era un altro universo. Ripescando documenti inediti, Bernardina Rago (specialista della ricezione della letteratura italiana nella Repubblica democratica tedesca), fa un parallelo fra Kurella e Tomasi: il potente funzionario comunista e il coltissimo nobile siciliano avevano in comune molto più di quanto si possa immaginare, quasi coetanei, viaggiatori, poliglotti, dalla formazione umanistica, una certa vicinanza (che non significa condivisione) alla psicanalisi, gusti letterari (da Mann e Goethe alla letteratura francese, a quella russa) e filosofici simili.
Tutti e due avevano intrattenuto un fitto scambio epistolare con le consorti soprattutto nel periodo di guerra, lettere in cui avevano riversato commenti e sogni che non sempre si realizzarono, da cui però si colgono i pensieri, quello che vivevano nell’intimo. Colpisce la somiglianza nell’atteggiamento in un momento di crisi, lo smarrimento di fronte al passaggio tra il vecchio e il nuovo, la tentazione di ripiegamento su se stessi, l’allontanarsi nel silenzio dopo tanto fragore, la letteratura scelta come consolazione nei momenti più duri.
Prima che si chiudano le frontiere
Per ben due volte la burocrazie dei controlli e delle procedure bocciarono, prima della pubblicazione, tra giudizi negativi oppure ondivaghi, Il Gattopardo in versione tedesca, troppo controverso ed eretico (sprezzanti i giudizi del principe di Salina su Marx e Garibaldi), poco ortodosso, a differenza dei “promossi” Scotellaro e Pirandello, o di altri italiani che mietevano successi oltre la cortina di ferro, come Verga, Danilo Dolci, Carlo Levi. La rigida prassi, però, alla lunga cadde, sdoganando l’opera vincitrice dello Strega in patria, per l’abilità e la passione di Kurella, «grande oratore anche se balbuziente»: da marzo ad agosto 1960, fino al febbraio 1961, cambia in positivo il destino de Il Gattopardo. Anche per una coincidenza apparentemente straordinaria: la pubblicazione del romanzo di Tomasi di Lampedusa in Urss, dove i vertici comunisti erano “scottati” dal caso Zivago. Paradosso nel paradosso, Il Gattopardo, pubblicato poco prima che qualsiasi altra cosa occidentale possa finire nel “mercato” dell’Europa orientale, riscuote successo, con diecimila copie vendute in pochi giorni, e diventa simbolo del nuovo corso comunista. Merito ancora di Kurella e di una sua postfazione “spericolata”, in cui ricalibra l’immagine di un romanzo conservatore, senza lotta di classe e non particolarmente interessato alle magnifiche sorti e progressive: fa diventare l’opera di Tomasi la storia di un nuovo inizio, di un mondo, e di un uomo, nuovo, ad esempio con la figura di Tancredi e con la benedizione del principe di Salina alle nozze con Angelica Sedara.
La ringrazio molto per questo bell’articolo che coglie pienamente lo spirito del mio libro
grazie a lei, è una splendida lettura da far conoscere in giro… complimenti