“Ucronia” è un saggio orgogliosamente pionieristico di Emmanuel Carrére, che sviluppa il proprio itinerario personale sul genere. Infine, però, propone ai lettori di «avventurarsi nel territorio della realtà»
Appassionato e appassionante, Ucronia (160 pagine, 14 euro), il saggio di Emmanuel Carrére, pubblicato trentotto anni fa, è stato da poco magistralmente tradotto per Adelphi da Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco. L’edizione francese, intitolata Le Détroit de Behring (l’autore lo spiega a pagina 153), portava come sottotitolo Introduction à l’uchronie, a rimarcarne il carattere non modesto, ma al contrario, orgogliosamente pionieristico. Partendo dai due saggi in francese reperibili sul tema, Carrére sviluppa il proprio personale itinerario basandosi su testi francofoni e anglofoni dei secoli XIX e XX. Rintraccia la prima formulazione del termine nel testo-pastiche di Charles Renouvier (1876), ne sviluppa i caratteri propri attraverso il confronto con la più blasonata Utopia, analizza (fra le altre) le opere di Louis-Napoléon Geoffroy, di Marcel Thiry, il Ponzio Pilato di Roger Caillois e il ben più noto in Italia La svastica sul sole (The man in the high castle) di Philip Dick. Benché poche (in confronto a quelle dei primi autori citati), le pagine dedicate a quest’ultimo romanzo ne mettono in luce le caratteristiche che lo rendono un riferimento essenziale per il genere ucronico, soprattutto se paragonato ad altri romanzi che hanno sviluppato lo stesso punto di partenza (la vittoria delle potenze dell’Asse), approdando poi a esiti narrativi decisamente più piatti e prevedibili. L’autore, ad esempio, evidenzia, all’interno della narrazione ucronica del romanzo di Dick, l’esistenza e la circolazione clandestine di “La cavalletta non si alzerà”, un’opera di finzione che rispecchia la versione storica avvenuta nella realtà (la vittoria degli Alleati), ma in maniera difforme da quella che conosciamo: «si tratta quindi di un’ulteriore ucronia, uno dei possibili irrealizzati che brulicano attorno a quello che ha avuto la fortuna di attuarsi», pagina 131.
Frustrazione e rimpianto
Al di là di queste ed altre, analoghe interessanti osservazioni, al di là della fondamentale differenza tra determinismo scientifico e “determinismo” storico, con l’inevitabile controversia sul libero arbitrio, al di là del piacere immaginativo fine a sé stesso, Carrére sembra toccato dalla frustrazione e dal rimpianto che scorge dietro le costruzioni ucroniche, giungendo a proporre al lettore, come scrive nella pagina che precede i ringraziamenti finali, di «avventurarsi nel territorio della realtà».
Segnalazioni
Sullo stesso tema segnalo infine (oltre questo articolo qui) un altro autonomo, esaustivo articolo di Stefano Trucco (si può leggere qui), uscito due anni fa sulla rivista L’Indiscreto, che colma anche il vuoto dei trentasei anni trascorsi dalla pubblicazione di Ucronia sull’evoluzione del genere, sugli sviluppi e sulle opere, di cui amplia le aree linguistiche di provenienza (ad esempio inserendo opportunamente il Contro-passato prossimo di Guido Morselli), e che non manca, ovviamente, di citare anche il saggio di Carrére.
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