Un bimbo cerca il padre, Graziano Gala tra incanto e crudeltà

Una specie di novella d’altri tempi, di filastrocca iper musicale, che turba, intenerisce, sconvolge. È “Popoff” di Graziano Gala: protagonisti un bimbo che «ha nel cuore le comete» e un’umanità di figure ai margini, ma soprattutto la lingua dell’autore, poetica con i suoi neologismi e dialettismi. Un romanzo speciale, da leggere se si ha memoria di quando si è stati bambini 

Struggimento e incanto. Crudeltà e compassione. E certezze che si affastellano su certezze. La prima? Sangue di Giuda, pubblicato da Minimum Fax nel 2021, non era un caso a sé, un unicum irripetibile, dietro c’era uno scrittore vero, capace di ripetersi e di durare nel tempo. La seconda certezza? Il bimbo protagonista del secondo romanzo di Graziano Gala, salentino doc, non poteva che essere una creatura speciale, in virtù di un altro piccolo nato dalle mani e dal computer di Gala, Mino, protagonista di un racconto lungo, Ciabatteria Maffei (qui l’articolo), che se non avete letto merita d’essere recuperato (è edito da Tetra): la parentela tra i due personaggi non c’è, ma si vede. Un’altra certezza è che, conclusa la lettura di Popoff (182 pagine, 17 euro) di Graziano Gala, la musica della sua lingua vi resterà a lungo impigliata nei timpani e tra i pensieri. Un’altra ancora? Un oggetto narrativo così speciale poteva essere pubblicato solo da Minimum Fax e pochissime altre sigle italiane: questione di sensibilità letteraria che abita nelle persone, ancor prima che nei professionisti, che sono i battiti di ciglia e di cuore di questa casa editrice che, a parere di chi scrive, ha cambiato moltissimo gli orizzonti rispetto alle origini, ma che ha lasciato intatti onestà intellettuale e amore puro per la letteratura.

Le capriole con la scrittura

Per leggere Popoff è saggio e sensato immaginare che ci sono romanzi di formazione e romanzi di formazione (e che questo, però, è speciale), ricordarsi d’essere stati bambini, non ignorare la frase («Mi scu-ci, ci-niò-re, à visto pe-ccaso mio pa-ttre?») che più ricorrentemente insiste sulle labbra del giovanissimo protagonista, e magari comprendere l’importanza che la forma riveste nell’idea di letteratura dell’autore. Graziano Gala ricorre a dialettismi, inventa neologismi, intere lingue, fa le capriole con la scrittura, non soltanto con i sentimenti, con i pensieri e con le azioni. Il suo personaggio principale – un bambino che «ha nel cuore le comete» – si muove come in un labirinto, imbattendosi in una piccola umanità di gente esclusa e ai margini, figure – Pasquale Occhipesce, Giollènnon, Don Ato, Ilda Farsi, Dir-Ettore e tanti altri – che sembrerebbero irrilevanti solo a chi ha un cuore gretto e algido. Il risultato è una specie di filastrocca iper musicale, che turba, intenerisce, sconvolge.

A Popoff gli sembra un sogno come quelli della notte quando chiudi lento gli occhi e ti trovi certo altrove: tiene un vento nelle orecchie, proprio tutto non capisce, ha un amaro nella gola e lo zucchero nel cuore.
Qualcuno ha detto mamma, gli ha cantato una canzone.
Nel dolore che lui prova son due gocce o tre di miele.

Una patina di grazie

In mezzo a questa creatura di carta di Graziano Gala c’è la tragedia che indigna e la commedia che strappa sorrisi, la vita vera, che nulla risparmia ma che in Popoff è ammantata da una patina di grazia, la stessa del protagonista di questa che sembra una novella d’altri tempi: non conosce il mondo, inadeguato, inesperto, cerca il padre e la luce.

Uscito per la strada fa pozzanghere di pioggia: se fosse Pollicino le sue briciole le gocce.
Ma invece lui è Popoff e va cercando lampadine.

Difficile provare a dire qualcosa in più di questo romanzo, senza tradirlo, senza equivocarlo anche involontariamente, il rischio è sminuirne o non renderne la poesia, bisogna esserci dentro, occorre semplicemente fidarsi e farsi rapire da questa avventura immaginifica.

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