Basta chiamarlo profeta, Quammen è un grande scrittore

Una ventina di reportage da vari angoli del pianeta costituiscono “Il cuore selvaggio della natura” di David Quammen che si conferma eccezionale testimone e divulgatore. Da queste ispirate evocazioni narrative emerge, in modo più fragoroso che in tanti saggi, la necessità che ha l’uomo di salvaguardare biodiversità ed ecosistemi per sopravvivere. Tra storie esemplari e riflessioni… 

Chiamarlo profeta è declassarlo. Chiamarle esperienze esotiche non darebbe la misura delle avventure e delle osservazioni che sono scaturite da missioni ai quattro angoli della terra, non renderebbe onore a una scrittura affascinante che giustifica la trasformazione, la connessione e la tenuta, di una serie di reportage per il National Geographic in un volume compiuto che – come sempre quando c’è David Quammen di mezzo – vale il prezzo del biglietto. Invitiamo i lettori a spogliare Quammen dei panni del visionario che avrebbe pronosticato la pandemia da Covid-19 – troppe interviste in questi termini gli sono state fatte, anche recentemente – e a considerarlo “solo” un grande giornalista, divulgatore e e scrittore, che ha saputo capitalizzare nel miglior modo possibile il privilegio di viaggiare tanto, per lavoro, e potere raggiungere luoghi incontaminati e inaccessibili ai più, in angoli magnifici di Africa, Patagonia e Kamčatka. È il modo migliore per comprendere e apprezzare i suoi articoli raccolti ne Il cuore selvaggio della natura (444 pagine, 25 euro), volume pubblicato da Adelphi, traduzione di Milena Zemira Ciccimarra. Se ne leggono di belle, anzi straordinarie, prima di arrivare alla postfazione.

… il cuore selvaggio della natura è intrinseco all’estensione, la connessione, la diversità e i processi dei grandi ecosistemi. Finché noi esseri umani riconosceremo questa realtà, la rispetteremo e ci sforzeremo di preservare quegli elementi tramite iniziative appassionate e sagge come quelle che ho descritto nel libro, in mezzo a luoghi magnifici che comprendono quelli ritratti in queste pagine ma anche altri, il cuore continuerà a battere.

Avvincente e accessibile

È come un lungo e avventuroso reportage nel mondo naturale, alla scoperta degli ecosistemi più fragili, manipolati, nelle migliori delle ipotesi, dalla presenza degli esseri umani. È un libro politico, che non disdegna toni ironici, scritto da posti impenetrabili e non facilmente raggiungibili; sono pagine in cui Quammen sa essere avvincente e accessibile, mai astruso e mai, inutilmente, accademico. Le sue non sono semplici descrizioni di flora e fauna, ma ispirate evocazioni, di taglio narrativo, ben più convincenti di qualsiasi compassato saggio. La sopravvivenza dell’uomo, è chiaro, passa dalla salvaguardia della natura. E sono concetti che emergono in ognuno degli affascinanti pezzi raccolti in questo librone pieno di scoperte. Un esempio? Il Gabon, nel cuore, al centro, del continente africano, «coperto per il settantacinque per cento di foreste», è uno degli stati all’avanguardia per lo sfruttamento sostenibile della flora, per il rispetto delle diversità biologiche e degli ecosistemi marini. Una svolta avviata, nei primi anni Duemila, da père et fils Bongo, prima il padre e poi il figlio «a capo di una nazione per più di cinquant’anni ininterrottamente». Entrambi i capi di Stato si fidarono dei consigli di un biologo britannico, Lee White (in seguito anche ministro del Gabon) e dell’ecologo ed esploratore statunitense Mike Fay (grande amico di Quammen), abili a spiegare le potenzialità ecologiche ed economiche, che sfociarono nell’istituzione istantanea di tredici parchi nazionali, e nei progetti di parchi marini e riserve acquatiche.

Mini romanzi d’avventura

Leggendo questa ventina di mini romanzi d’avventura, ci si imbatte in luoghi remoti che possono essere molto pericolosi, tra serpenti velenosi ed elefanti: in compagnia del biologo Iain Douglas-Hamilton, in Kenya, lo vide quasi morire: «avrei visto un elefante caricarlo, sollevarlo da terra, scaraventarlo in aria e quasi infilzargli la pancia con una zanna». E ci si imbatte in storie che riconciliano col mondo, che fanno credere che davvero ogni cosa sia possibile, come la rinascita, in Mozambico, del parco Gorongosa, dallo sfacelo alla rinascita che continua, grazie all’opera di tale Greg Carr, imprenditore e filantropo americani, e dei suoi collaboratori; in quel paese dilaniato prima da uno spietato colonialismo, poi da una lunga guerra civile, e anche da un lungo desolante scientifico bracconaggio, da una quindicina d’anni va avanti un’impresa lungimirante, grazie alla Carr Foundation, che coniuga impegno per la salvaguardia della biodiversità, difesa dei diritti civili e sostegno all’istruzione, specialmente quella femminile, «per contrastare matrimoni forzati, gravidanze frequenti, cattiva salute e un’istruzione troncata». Anche dall’emancipazione delle giovani donne mozambicane passa il benessere di uno spicchio di pianeta. C’è speranza, oltre agli allarmi. Ci sono dunque rimedi (uno è la contrazione, con redistribuzione, dei consumi di una popolazione mondiale che non dovrebbe aumentare a dismisura…) all’invadenza dell’uomo sul creato, all’arroganza di pensarsi superiore a tutto e a tutti. Questa «serie di dispacci da una battaglia all’ultimo sangue» firmati da Quammen non possono lasciarci indifferenti. Per costruire il futuro dobbiamo impegnarci da subito a cambiare il presente.

Seguici su InstagramTelegramWhatsAppThreadsYouTube Facebook e X. Grazie

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *