“Kalasìa. Le parole contro il potere di Vincenzo Consolo” è un libro a cura di Concetto Prestifiippo, con le foto di Giuseppe Leone. Una raccolta di interviste a un intellettuale contro, mai cortigiano, mai diplomatico. Un volume che poco più di un anno fa era stato consigliato da un amico che non c’è più, Angelo Meli, a chi ne scrive
Un anno fa, qualche giorno prima di sparire da questa Terra, senza particolari preavvisi, anzi col sovrapprezzo di un “ci vediamo presto” solo qualche giorno prima, il mio amico Angelo Meli mi aveva consigliato di leggere un libro che riteneva potesse essermi utile, piacermi, appassionarmi, farmi pensare. Aveva ragione. È un libro su un grande scrittore e intellettuale contro, Vincenzo Consolo, mai cortigiano, esplicito, onesto, disobbediente, senza paura di percorrere sentieri poco battuti, invisi ai più, che scriveva o rispondeva, se interrogato, senza diplomazie e lusinghe. Vincenzo Consolo era un po’ Angelo Meli, me l’ha ricordato: nella vita e in ambito professionale, il mio amico non è mai arretrato di un millimetro. E poi Angelo Meli era un grandissimo lettore. Una delle ultime volte che l’avevo incontrato avevamo parlato di Steinbeck, uno dei suoi scrittori amatissimi. Sorprendeva, accettava consigli e ne dispensava. L’ultimo suggerimento era stato Kalasìa. Le parole contro il potere di Vincenzo Consolo (136 pagine, 14 euro), a cura di Concetto Prestifilippo e con le foto di Giuseppe Leone, pubblicato da Mimesis. “La memoria antica della bellezza”, ecco cosa significa l’antico termine dialettale Kalasìa, Me l’avrebbe prestato, sicuro. «Se ti piace, lo comperi», avrebbe detto.
Una sentinella critica
Il volume raccoglie, principalmente, alcune preziose interviste di Prestifilippo a Consolo, pubblicate su quotidiani e riviste. Erano interventi, quelli dello scrittore nato a Sant’Agata di Militello, in cui si esponeva senza mezze misure, indignato dall’attualità politica, dalla pochezza di certi personaggi. Specie se contrapposti ad altri con cui aveva avuto modo di confrontarsi in gioventù, Sciascia, Vittorini, Lucio Piccolo. Era una sentinella critica delle vicissitudini della storia d’Italia, Consolo. Esempio? Dopo la strage di Capaci, non ci mise molto a dichiarare quello che pensava: «Credo che Palermo e la Sicilia siano ormai teatro dei giochi più pericolosi. Questo delitto è un delitto politico, non ci sono dubbi. È al di sopra della mafia. Certo, si servono delle forze barbariche della mafia per eseguire queste stragi. Gli ordini, però, sono partiti dalle alte sfere. Falcone, sicuramente, aveva individuato le connessioni tra potere politico e potere mafioso». Sono passati parecchi anni, ma il messaggio di Consolo è di urgente attualità, a cominciare da quel che accadeva e accade nel Mediterraneo, nell’isola che è approdo di tanti disperati e perseguitati: «Migranti approdati fortunosamente a Lampedusa – le parole di Consolo – contro i quali si scontra il nostro feroce egoismo di europei ben pasciuti. Egoismo, quando non è xenofobia, razzismo».
Ce ne ricorderemo
Non corredo ma sostanza sono le fotografie di Giuseppe Leone, ritratti di Vincenzo Consolo che ne catturano un’anima giocosa e ironica al di là della burbera iconografia ufficiale e dell’impressione che poteva trasmettere a chi lo conosceva superficialmente o lo incontrava in qualche rara, ingessata, occasione ufficiale. «Non credo di avere un brutto carattere. È solo – diceva di sé l’autore di Nottetempo, casa per casa – che detesto i prepotenti. Non sopporto le sopraffazioni, le ipocrisie. Cerco con la scrittura di oppormi al potere». Le foto non sono gli unici ritratti presenti nel volume, che contiene anche una selezione di articoli dedicati a Consolo dopo la sua scomparsa. Per mesi e mesi ho seppellito il suggerimento di Angelo Meli e solo molto tempo dopo ho apprezzato questo suo “regalo”. Torno a salutarlo, convinto più che mai dell’importanza del suo passaggio sulla Terra. Ce ne ricorderemo di quest’amico.
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