Far pace con la morte è necessario per vivere bene, pienamente. Sembra volere dire questo Salvatore Niffoi col suo più recente romanzo, “Il collezionista di specchi”, ambientato come sempre nel cuore della Sardegna. Protagonista un ragazzo che cresce fra attrazione e repulsione per gli specchi. E che, fra sogno e realtà, fa tanti incontri speciali
… la vita è fatta così, di paure e innamoramenti che non hanno un perché, altrimenti non sarebbe vita.
Tra chi lo attacca per una presunta resa a buon mercato di una Sardegna arcaico-pastorale, roba da cartolina, e chi lo reputa uno dei maggiori nomi della letteratura italiana contemporanea, chi scrive si colloca accanto a chi porta avanti la seconda tesi. Il barbaricino Salvatore Niffoi da Orani, già premio Campiello, riesce ad andare, con versatilità estrema e un pizzico di anarchia, oltre la lingua italiana e oltre quella sarda, sa essere locale e universale, e lo dimostra da quasi trent’anni, con una costanza e con una qualità che vediamo in pochissimi altri autori della sua generazione e di un paio di quelle precedenti. Conclusa la lunga esperienza con Adelphi, finita la bella parentesi con Giunti, per Niffoi sembra essere iniziata una proficua collaborazione con la casa editrice di Elisabetta Sgarbi, La Nave di Teseo, che dopo Nate sotto una cattiva stella dello scorso anno, propone adesso Il collezionista di specchi (150 pagine, 17 euro), romanzo breve e vertiginoso che inizia con un addio al ventre materno e si conclude con «il rumore silenzioso del buio». In mezzo una e mille vite dal cuore della Sardegna.
Nipote e nonno
La prima vita è quella di Bertinu Muscari – in cui è realistico intravedere un alter ego dell’autore – soprannominato Ispiccittu (specchietto), figlio del dopoguerra, che vive di attrazione e repulsione nei confronti degli specchi. Merito o colpa del nonno Boelle Muscari, che aveva terrore di riflettere la propria immagina in uno specchio e non l’aveva mai fatto. Assieme a queste due esistenze Salvatore Niffoi ne intercetta tante altre: vivaci, complesse, vissute da spettri e individui, fra sogno e realtà, con una presenza costante, quella della morte, che non esclude una vitalità di fondo; far pace con l’ineluttabile che tutti attende, sembra dirci questo romanzo, è una riconciliazione necessaria per vivere bene, pienamente. Bertinu cresce (diventerà spaccapietre, scultore, sulle orme di uno zio) con l’irresistibile mania di collezionare specchi, porte d’accesso a una realtà altra, tra fantasie oniriche e incontri speciali, con soggetti eccentrici, donne sopra le righe, impostori, prostitute (Tattana Chiargiu, detta Quantomidaiseteladò).
La letteratura è una cosa meravigliosa
È l’ennesimo pezzo di bravura di Salvatore Niffoi, questo Il collezionista di specchi. Un libro duro e divertente, forse non particolarmente attuale (ed è uno dei suoi migliori pregi), che straripa di affabulazione e fantasia, che ci ricorda che la letteratura, come la vita, è una cosa meravigliosa. Leggerlo è l’occasione di vivere mille vite e altrettante passioni, rastrellare emozioni che forse dimentichiamo nella quotidianità, ma a cui è meglio non rinunciare. Questo volume fa venir voglia di rileggerne altri di Niffoi e di aspettare l’anno prossimo per scoprirne uno nuovo.
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