Importante la riproposta di “Se la strada potesse parlare” di James Baldwin, romanzo d’amore e di lotta civile nell’anno del centenario della nascita del suo autore. Una storia di disperazione e amore, con ingiuste accusa (si stupro) e detenzione di un uomo nero nella New York degli anni Settanta. la voce narrante è la ragazza con cui aspetta un figlio. Un romanzo poetico e suo malgrado profetico…
Cent’anni d’amore e battaglia, cent’anni non più di solitudine. La ricorrenza del centenario della nascita di James Baldwin ha dato la giusta dimensione a uno dei più formidabili autori del Novecento americano e, dunque, mondiale. In Italia, in particolare, per festeggiare questo secolo speciale, lo scrittore ha potuto godere della mobilitazione della casa editrice Fandango, che tanto ha scommesso sui suoi titoli più importanti e li sta riproponendo in un uniform edition. C’è un libro romantico e triste, fra quelli di James Baldwin, che fa i conti inevitabilmente con le ingiustizie e con il dolore, ed è ambientato in una New York spietata, che nulla risparmia ai più poveri, senza scampo, ai deboli rassegnati, alle minoranze emarginate. Ed è questo libro la più recente riproposta del ragazzo di Harlem, morto a soli 63 anni: questa edizione di Se la strada potesse parlare (214 pagine, 19 euro), tradotto da Marina Valente, ha anche una postfazione firmata da Joyce Carol Oates.
Passato e presente. E poi grandi donne…
L’amore che lega visceralmente una minoranza oppressa, e poi un nucleo familiare e, ancora, quello di una donna per il suo uomo sono la carne viva del romanzo, in cui il presente del racconto è negli anni Settanta. Fonny, aspirante scultore, e Tish, che lavora in una profumeria, aspettano un bimbo.
È straordinario la prima volta che ci si rende conto che un estraneo ha un corpo – capire che ha un corpo lo rende un estraneo. Vuol dire che hai un corpo anche tu. Ci vivrai per sempre e scandirà il linguaggio della tua vita.
Sono due giovani di colore di Harlem e il loro idillio è bruscamente interrotto da un’accusa terribile, forse alimentata dalla vendetta di un poliziotto razzista: Fonny è accusato di aver violentato una portoricana; e in parallelo, più o meno, procedono la gravidanza della donna stuprata, Victoria Rogers, e quella di Tish: solo la seconda lo darà alla luce, unica vera speranza per il futuro. Un presente, con un processo (con false testimonianze di uomini bianchi) dall’esito che sembra scontato, raccontato da Tish che, parallelamente, rievoca anche il passato, la gioventù di entrambi, ai margini della Grande Mela. Alterna disperazione e memoria dell’innamoramento. È un libro di grandissime figure femminili, non solo Tish, ma anche Sharon ed Ernestine, è un libro in cui amare (in una declinazione il più ampia possibile, oltre la coppia, abbracciando ogni rapporto familiare e d’amicizia) e sperare sono tanto, tutto, ma non significa che possano bastare.
L’America non è cambiata
Chiunque abbia scoperto l’America si meritava di esser messo in galera, in catene, di morire.
Pregiudizi, torti, bigottismo, rigurgiti di stampo razzista sono purtroppo molto attuali, e non solo negli Stati Uniti d’America. Quel che porta a galla, a partire dal 1974, If Beale Street Could Talk – questo il titolo originale de Se la strada potesse parlare di James Baldwin – è ben visibile nella campagna elettorale in corso per la poltrona di presidente degli States, oltre che nelle cronache cruente degli ultimi anni, da un Paese diviso. L’America non è cambiata. La letteratura si fa sempre battaglia civile tra le righe di James Baldwin, consapevole, instancabile, lucido cronista del suo tempo, suo malgrado profetico, con un tono poetico, sebbene la scrittura sia piuttosto essenziale.
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