Viltà, indifferenza ed errori costellano i racconti raccolti in “Storie di coscienti imperfetti” di Giacomo Verri. I protagonisti, alcuni ritornano da una storia all’altra, gravitano a Giave, immaginaria cittadina del nord-ovest. Non mancano i riferimenti ai partigiani e alla Resistenza, una delle radici più profonde della produzione dell’autore, voce profonda e di valore, lontana da premi e gossip letterari
Forse più che alla magica, troppo magica Macondo di Gabriel Garcia Marquez, la Giave di Giacomo Verri – uno dei migliori scrittori della sua generazione, cercate il suo Un altro candore per Nutrimenti, ne abbiamo scritto qui – andrebbe paragonata alla meno esotica Crosby, la fittizia cittadina del Maine in cui vanno in scena i romanzi di Elizabeth Strout che hanno come protagonista Olive Kitteridge. Giave è un piccolo centro del profondo nord-ovest dell’Italia, probabilmente con qualche connotato del Comune in provincia di Vercelli in cui Giacomo Verri è nato. Un microcosmo che ha le qualità per sedimentarsi nell’esperienza dei lettori, un contenitore a cui lo stesso autore può tornare, attingendo storie da ciò che lo circonda, per reinventarle, reinterpretarle, riscriverle. Nella piena e un po’ orgogliosa consapevolezza che «la vita ha bisogno di belle storie».
Gli antieroi di un luogo
Storie di coscienti imperfetti (196 pagine, 16 euro) è il titolo con cui Giacomo Verri è tornato in libreria. Cosa ha di speciale questo nuovo nuovo volume, pubblicato da Wojtek? L’autore di Un altro candore (ne abbiamo scritto qui) ci regala dieci storie che magari non saranno un romanzo coeso (ci sono però alcuni personaggi che ritornano, per esempio bimbi che ritroviamo anziani qualche racconto più in là), ma gravitano attorno a uno stesso luogo, appunto Giave, e a temi, personaggi che in qualche modo tornano. E lo fa col suo ammirabile ricco e preciso lessico.
I due vecchi hanno un nome. Lei si chiama Amaranta, lui Desolino. Converso con entrambi. Mi raccontano la guerra con quell’impressione di stare in vita solo per raccontare. Gli stessi episodi. Ma… lui narra di forze in lotta – il bene e il male – con un feroce primato del male… e il suo racconto si perde, come i chiodi ritorti dei rami s’inmillano nel bosco. Lei parla di eroi, trova un sorriso per i tormenti e per le fatiche…
E poi, Giacomo Verri ci racconta la vita declinata non sempre attraverso virtù eroiche, anzi c’è più di una scelta sbagliata nelle esistenze dei suoi antieroi: la vigliaccheria più del coraggio, l’indifferenza oltre il ricordo, gli errori più delle soluzioni, la disonestà nella quotidianità.
Questioni private più degli eventi storici
Uomini e donne (con la loro determinazione, a cominciare da un ex prostituta), piccoli e anziani, staffette, partigiani o ex partigiani (una delle radici più profonde della scrittura di Giacomo Verri, che torna a scrivere anche del protagonista di Un altro candore) e perfino animali (una leonessa, ad esempio) animano le pagine di brevi novelle che sembrano romanzi compiuti. Gli ideali calpestati di certe eredità politiche, ma pure la voglia di imparare dalla storia che è stata. Storie di coscienti imperfetti arriva a lambire anche il presente, a confrontarsi con la pandemia del Covid 19, in una storia di «pura malinconia», quella che che chiude la raccolta. Il ragionamento sugli eventi storici è costante, ma a Giacomo Verri interessano ancora di più le questioni private, l’umanità, la fragilità. Chi non lo conosce e ha voglia di misurarsi con una voce lontana dai clamori del gossip letterario, dei premi, delle recensioni roboanti, dall’amichettismo (nella vita non si può escludere davvero nulla, perfino certe citazioni), si accomodi: avrà una bella sorpresa.
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