Attraversa i propri dolori Paola Moretti in “Incorreggibili” e lo fa fra schegge di riflessione, di critica letteraria e di vita. Gravi lutti e un amore finito la portano a immergersi nelle opere di quattro amatissime scrittrici, Jane Bowles, Fleur Jaeggy, Elfriede Jelinek e Clarice Lispector. Riflettere sulle loro scritture è la strada per comprendersi, confortarsi, imparare qualcosa
La sensazione arriva ben prima di inoltrarsi nella lettura e di arrivare dove l’autrice – che ha vissuto un periodo durissimo dal punto di vista personale – esplicita tutto. Per andare avanti, per comprendersi, per completare una fitta e implacabile ricerca di sé Paola Moretti, classe 1990, scrittrice di talento, aveva bisogno di una mappa, e non di una semplice mappa di una porzione del mondo, ma di una che avesse in sé quattro punti cardinali specifici, quattro scrittrici geniali («la loro poetica è l’espressione artistica delle mie maggiori preoccupazioni») da cui lei non può prescindere, Jane Bowles, Fleur Jaeggy, Elfriede Jelinek e Clarice Lispector, quest’ultima amatissima e compendio delle precedenti.
Anche lei, come Jaeggy, aspira al silenzio. Anche lei, come Jelinek, sa che il linguaggio è la causa per cui siamo tagliati fuori dal mondo pur sapendo di farne parte, ma sa anche che è l’unico strumento che abbiamo per cogliere verità effimere. Anche lei, come Bowles, lo fa seguendo una strada priva di trame.
La scrittura continua gestione delle distanze
La mappa di Paola Moretti si chiama Incorreggibili (122 pagine, 15 euro), ed è pubblicata da 66thand2nd. Le sue coordinate sono schegge di riflessione, di critica letteraria e di vita, per un singolare, piacevolissimo mix.
Una mappa. Traccio i percorsi delle scrittrici che più mi hanno colpito per poter seguire le loro orme o qualcosa di più disperato di così. Di più confuso. ma alcuen cose sembro averle afferrate dopo questo vagare disordinato tra la loro prosa e i miei pensieri: la scrittura è una continua gestione delle distanze. […] E alla fine anche il lutto è la stessa cosa, l’elaborazione non è altro che un apprendistato per imparare a reggere il distanziamento, la separazione tra sé e la persona che, in senso letterale o figurato, non c’è più.
All’origine di tutto, per l’autrice, ci sono le dolorose e ravvicinate perdita del padre e di una cara amica, la conclusione di una relazione e anche alcuni oggetti smarriti, dal notevole valore affettivo. Per dar voce alla sofferenza di queste mancanze, tra Berlino e Roma, Paola Moretti si immerge in quattro autrici uniche e fondamentali. E, forse, si tira fuori da gran parte del dolore, attraversandolo.
Mi vergogno a scriverlo, ma mi sento di nuovo io, come se fossi tornata. Come se insieme all’anello che un tempo era perso anche io mi fossi ritrovata, pur sapendo che né lui né io siamo veramente gli stessi.
Impenetrabili e controcorrente
La scrittura è controllata, sorvegliata, lucida ma non gelida, non reticente. Le analisi strettamente letterarie sono serrate e minuziose. La lettura di queste scrittrici estranee a certi ambienti letterari, sole e controcorrente – di certe loro angosce comuni, di interrogativi simili – la ricerca di un minimo comun denominatore fra queste donne impenetrabili e non conformi, di plateali o latenti corrispondenze, aiuta l’autrice a comprendersi e a confortarsi, a imparare qualcosa da applicare sulla pagina. Per immergersi più fermamente nelle vite e nelle opere di queste quattro maestre – che vien voglia di scoprire o di tornare ad approfondire, per chi già le avesse lette – Paola Moretti è in qualche modo andata oltre, conoscendo la lingua madre di ognuna delle autrici, portoghese, inglese e tedesco. E riflettendo lungamente sulle loro scritture e sulla scrittura, sul senso della sua scrittura.
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