Diavoli kitsch in occhiali da sole e pantaloncini, gatti che parlano, oggetti che svaniscono. In “Se i gatti sparissero dal mondo” di Kawamura Genki si riflette e si sorride, a partire dalla sorte segnata del postino protagonista, che scrive una lettera in punto di morte, ed è tentato dal maligno. Riflettori su un longseller…
«Tra non molto morirò». Il genere umano è mortale al 100%, dunque quest’affermazione potrebbe farla chiunque, sempre. Il variopinto spettacolo della vita sembra funzionare ed essere così appassionante, forse, solo perché fingiamo di dimenticare questa verità, e contemporaneamente perché la sua luce illumina ogni nostro istante, intenti ad aggiungere giorni alla vita, piuttosto che vita ai giorni. Cosa accade allora quando “tra non molto” diventa “domani”? Siamo capaci di accettare che il mondo saprà fare a meno di noi?
La lettera del postino
Kawamura Genki entra in un territorio già esplorato da molti, ma sa farlo con un passo leggero e il sorriso sulle labbra, fedele all’aforisma di Charlie Chaplin secondo cui «la vita non è una tragedia in primo piano, ma una commedia in campo lungo». Il protagonista del suo romanzo, avuta la notizia della sua morte imminente, inizia a scrivere una lettera, dove racconterà gli straordinari eventi dei suoi ultimi giorni di vita, ed i suoi pensieri finali. La scelta del modulo epistolare è indovinatissima, accresce la familiarità tra lettore e voce narrante, consente un “tu” che ha dell’universale e insieme del familiare. D’altronde il protagonista è un normalissimo postino, nessuna vita eccezionale, nulla da segnare sul registro della Storia, se non che il Diavolo in persona decide di apparirgli (in una improbabile e decisamente divertente mise hawaiana) ed offrigli una possibilità: vivrà un giorno in più, decidendo di fare sparire qualcosa dal mondo.
Scene da cartoni animati
Vale la pena che spariscano dal mondo i cellulari, gli orologi, ed altro ancora (ci tratteniamo dallo svelare troppo), perché io viva un giorno in più? Con ironia l’autore ci porta a riflettere sia su come alcune cose che ci sembrano indispensabili potrebbero bene non esistere senza cambiare l’esistenza umana di granché, sia sul fatto che dovremmo sapere rispondere alla più importante delle domande: cosa accadrebbe se io scomparissi dal mondo? Una ricerca di senso, che il morituro conduce chiamando la sua prima fidanzata, condendo le sue riflessioni con i riferimenti cinematografici o ai cartoni Manga, sempre in compagnia dell’amatissimo gatto Cavolo. Nel registro surreale del romanzo accadono anche fatti da cartone animato, Diavoli kitsch che appaiono e scompaiono, in occhiali da sole e pantaloncini, gatti che parlano, oggetti che svaniscono dalla terra da un giorno all’altro.
Un finale intimo
Se i gatti sparissero dal mondo (176 pagine, 11 euro) di Kawamura Genki, titolo ruffiano quanto basta ad incuriosire i lettori che l’hanno scoperto, 5 anni dopo la sua uscita in Italia (in Giappone è uscito nel 2012) e spinto ai primi posti delle classifiche in questa estate 2024, scorre veloce alla lettura, tra una riflessione e un sorriso, virando progressivamente verso un finale intimo. Cavolo non è solo un dolce batuffolo di pelo che vive con il protagonista del libro (pubblicato da Einaudi, tradotto da Anna Specchio), ma è anche il gatto che sua madre amava e le faceva compagnia negli ultimi mesi della vita. Sui rapporti più profondi, sullo sguardo materno capace di restituire al protagonista un’immagine diversa di se stesso, sul rapporto contrastato con il padre, si stringe l’obiettivo nelle ultime pagine del romanzo, quando tornano alla mente le parole, indimenticabili, di Raymond Carver:
E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.
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