Giordano Tedoldi, un monolite dell’insensatezza umana

Una iperbolica narrazione sul potere, una strampalata indagine dei rapporti di servitù e dominio che regolano il mondo. È una chiave di lettura di “Phallus Dei”, il più recente romanzo di Giordano Tedoldi. Pagine in cui sfilano figure liminali, tenebrose e grotteschi, a cominciare da Sodal, addetto alle pulizie dei bagni che scala i vertici aziendali, non per particolari meriti acquisiti…  

Questo 2024 sembra essere l’anno del riscatto degli addetti alla pulizia dei bagni, o quantomeno di un loro minimo riconoscimento dal punto di vista artistico. Se l’inizio dell’anno è stato segnato cinematograficamente da quella sorta di elogio del vivere umile e defilato come espresso dalla figura dello splendido protagonista del film Perfect Days di Wim Wenders, nel quale lo stesso è appunto addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo, fatte le debite proporzioni, distinguo e le diverse latitudini, il mese di marzo scorso vede dal punto di vista letterario la comparsa di un altro antieroe, anch’egli addetto alla pulizia dei bagni, in questo caso di una grande azienda nel campo energetico e delle biotecnologie. Questo è Sodal Sodal, protagonista di Phallus Dei (298 pagine, 20 euro), l’ultimo romanzo di Giordano Tedoldi, per Corrimano Edizioni. Storia bizzarra quella del romanzo dello scrittore romano, il quale confessa (qui la sua intervista sul nostro canale YouTube) che l’idea del personaggio l’ha avuta prima del film di Wenders, sia per i contenuti, sia per il percorso editoriale che ha portato il volume nelle librerie. Curioso è che il romanzo di Tedoldi, il quale a dispetto o proprio per effetto dell’eccentricità, la visionarietà e il coraggio mostrato nelle sue precedenti opere è riuscito a costruirsi nel tempo una nicchia affezionata di lettori e sia approdato a case editrici di medio-larga diffusione quali Minimum fax nel suo esordio del 2006 con la raccolta di racconti Io odio John Updike, o  Chiarelettere con Necropolis (qui l’articolo), curioso è appunto che con questo suo romanzo dallo spiazzante titolo latino non meglio decodificabile, il già noto alla cronache letterarie Giordano Tedoldi abbia faticato non poco a trovare un editore, tanto da farlo optare per una auto pubblicazione online prima di trovare estimatori nella altrettanto coraggiosa casa editrice palermitana.

Ricostruire il cosiddetto mondo reale

Giordano Tedoldi sa scrivere, non c’è dubbio su questo, e si diverte a farlo, e questo è quanto di più bello può essere riconosciuto a uno scrittore che con coraggio riesce a tenersi lontano dal mainstream letterario spesso ombelicale, lacrimevole e intriso di “sociale” alla cui rappresentazione il buon Giordano al massimo concede il cinismo e la crudeltà della contemporaneità trasfigurata in chiave mitica ed esoterica per tramite dei personaggi grotteschi e borderline delle sue opere, in ambientazioni nerastre che per sintetizzare definiremmo distopiche, alla Volodine o alla Kafka con il quale spesso Tedoldi si confronta nei suoi scritti (il caso di Phallus Dei non fa eccezione) e un’etica di tipo nietzchiano, una visione al di là del bene e del male delle umane sorti e distorsioni con conseguenti apocalissi.

Anche in questo caso Giordano Tedoldi indaga e si fa portavoce di una letteratura capace di decomporre il cosiddetto mondo reale con le sue paludate convenzioni morali e riti per ricostruirlo come un puzzle per quanto assurdo, irriconoscibile e urticante, eppure ancorato al nostro in sé folle mondo, misterioso e a tratti più che inquietante, operando una serie di diffrazioni e slittamenti in territori che hanno più che a vedere con lo strano e l’indecifrabile di un sostrato mitico e soprattutto molto letterario, in cui le contaminazioni e le citazioni colte e spesso oscure costituiscono il fertile humus di storie spesso disturbanti e fuori dai canoni.

Una società fallocentrica e ipercompetitiva

Nella fattispecie lo fa con una storia intrisa nella nostra contemporaneità, in «una società fondata sull’ipocrisia, sull’arrivismo e sulla violenza», per raccontare la piccola epopea di Sodal, il protagonista dal nome di un medicinale, la cui resistibile ascesa all’interno dell’azienda, da addetto alle pulizie dei bagni ai più alti vertici scientifici e dirigenziali, ha del miracoloso e del raccapricciante per le implicazioni alle quali è soggetta. In Axum, questo il nome della società per cui Sodal lavora, stanno accadendo delle cose strane da alcune settimane, ci si domanda cosa siano «certi spifferi gelati, una sensazione di disordine molto sottile». Al suo interno un board di scienziati ha tra gli obiettivi quello di raddrizzare il sistema solare e di creare Ultraterra, una sorta di pianeta rifugio in prospettiva delle catastrofi prossime venture. Il mentore di Sodal e vero e proprio artefice della sua scalata è Durkheim, l’amministratore delegato, il quale misteriosamente, come se il tutto appartenesse a un disegno molto più grande (si respira un continuo senso di mistero nel romanzo), si fa sponsor e garante dell’ascesa dell’ex addetto alle pulizie, che prima scalzerà il suo diretto superiore nell’infimo compito fino ad arrivare alla vetta non per meriti acquisiti ma in modo del tutto arbitrario e casuale, in una modalità che ricorda quanto prospettato non molti anni fa da parte del leader di un partito politico del nostro paese allora molto in voga il quale immaginava l’elezione dei nostri rappresentanti politici per estrazione a sorte. In realtà le cene con l’amministratore delegato con il nome da sociologo tedesco al Krapelin, le sue richieste erotiche tramite la sua compagna e il tradimento di Sodal della moglie, una strana moglie che piega gli oggetti con la forza del pensiero e della quale Sodal confessa di essere ancora follemente innamorato quando lei fugge, nascondono il progetto del capo di Sodal che vede in lui una sua estensione fallica, manifestandosi in questo uno dei più classici topos psicanalitici quale l’ansia da prestazione tipicamente maschile, con tutto il carico di angosce esistenziali e individuali che se espanse in chiave sociale mostrano il volto di una società nevrotica. Il romanzo in effetti può essere letto come una iperbolica narrazione sul potere, una strampalata, evasiva e diffranta indagine dei rapporti di servitù e dominio che regolano il mondo. La relazione tra i due è così stretta e legata alla sfera più intima che non può prescindere dall’interrogare sulle dinamiche di una società “fallocentrica” e iper competitiva che ricorda quella descritta più “razionalmente” e in modo iper reale da Michel Houellebecq in romanzi quali Estensione del dominio della lotta o Le particelle elementari, uno scrittore quello francese celebre per il suo nichilismo e radicale pessimismo che ricorda in qualche modo il miglior Giordano Tedoldi.

Sesso tra orizzonti esoterici e miti ancestrali

Lo svolgimento della storia sommariamente descritto non lascia passare inosservata una mole di riferimenti tematici a microstorie, sotto tracce e contenuti espressivi in capitoli che sembrano alternare veglia e sogno nei deliri o deliqui erotico-sentimentali e mitologici farciti da inquietudine e ansia da prestazione variamente trasfigurata da parte del protagonista. In essi la libertà inventiva di Giordano Tedoldi può scatenarsi in avventurose e spericolate digressioni che in alcuni casi potrebbero cadere nel kitsch. Il tema stesso del fallo e i riferimenti a un suo presunto culto tinteggiato in chiave mitica, con tanto di un’isola dove si consumano sacrifici umani in suo onore, il costante rimando al tema della sessualità, al di là di ogni lettura psicanalitica possibile rischierebbe di cadere nel gratuito e volgare esibizionismo di facciata, che pur troverebbe una sua giustificazione estetica se si pensa a figure come il celebre Katzone del felliniano La Città delle donne o all’iconico Casanova, sempre pensando a opere del grande regista riminese. Nel romanzo di Tedoldi invece il tema sessuale serve per parlare di orizzonti esoterici, miti ancestrali quali quello della fertilità, di un presunto culto del fallo derivato dalle culture ancestrali ove era creduto che chi fosse anatomicamente più dotato fosse una creatura divina, con  incisi che fanno riferimento a rituali e sacrifici di una presunta società fallocratica con tanto di una specie di sabba con sacerdotessa officiante, tale Padrona Perdono, figura a suo modo grottesca e allo stesso tempo inquietante, a cavallo di due mondi, quello mitico e cavernoso e quello iper reale contemporaneo, questa alternanza che è in fondo l’essenza di ogni congegno letterario ed è anche il tratto più caratteristico del romanzo, si scoprirà infatti che colei che in qualità di sex worker  e dalla quale lo stesso Sodal si reca è anche una delle figure più in vista della sua azienda. Del resto il culto di Phallus Dei ci viene detto essere, «più una qualità che un ente» «un essere trascendente? Satana», chissà.

Un destino tragicomico

In ogni caso sono diversi i personaggi strambi, liminali, sotterranei, tenebrosi e grotteschi come tipico nelle storie di Tedoldi e vicende stravaganti, come l’allucinata sequenza onirica della rassegna delle presunte conquiste sessuali di Sodal il quale riceverà una misteriosa e mail che sembra rivelargli un insospettato futuro e un nuovo amore omosessuale che pare chiudere il cerchio della storia, tranne scoprire un delirante progetto di manipolazione genetica e un finale che sembra svelarne il centro di irradiazione e si allinea al tragicomico destino del protagonista. C’è la magia e la scienza nel romanzo di Giordano Tedoldi, c’è l’esoterico e l’iperreale, c’è la follia dei sensi e il languore dei sentimenti, c’è il potere con la sua violenza e manipolazione e c’è tutta l’insensatezza umana che una tale una storia dai contorni così bizzarri riesce a trasmettere. Al di là dello svolgimento degli eventi e di un’ipotetica sinossi  più o meno praticabile quello che rimane alla lettura è l’impressione di trovarsi di fronte a un blocco nero, un monolite quasi kubrickiano, tanto da farci interrogare su cosa diavolo si sia letto e sul significato reale di quel titolo e della “Quercia di Flagey”, il dipinto di Gustave Courbet che campeggia in copertina e che con i suoi ampi rami e rigogliosa chioma sembra volerci sfiorare, abbracciare, e chissà se stritolare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *