Più che un giallo è un romanzo in cui si respira tantissima letteratura “L’isola e il tempo”, esordio di Claudia Lanteri. Un naufragio ha portato scompiglio nelle vite degli abitanti di un’isola sperduta, a cominciare dalla voce narrante di Nonò, e il tempo, per via di un espediente narrativo, è a tutti gli effetti un personaggio. Una celebrazione dell’immortale magnetismo delle storie
È uno degli esordi più acclamati del 2024: L’isola e il tempo (368 pagine, 19 euro) è il romanzo di Claudia Lanteri che Einaudi ha pubblicato nella collana Unici. Una voce decisa, quella creata su queste pagine dall’autrice, nota libraia di Palermo, un’ambientazione altrettanto nitida, ma soprattutto un grande struttura narrativa che ha nell’originalità del suo doppio fondo la sua carta vincente. Come una scatola segreta sepolta sotto la superficie del mare, che rivela sorprese. Chi parla, da che epoca, e a quali fatti si riferisce? Ci vorrà tutto il romanzo per inseguire le tracce, in quello che potrebbe anche rientrare nella definizione di “giallo”, ma è in realtà un romanzo dentro il quale respirare tantissima letteratura.
La voce nel tempo
Nofriu, detto Nonò, è la voce che accoglie il lettore tra le pagine: dà del tu, ma a chi si rivolge? Sta ricordando? E, mentre cerca di mettere insieme i pezzi, senza dimenticare dettagli utili, a quali strati del passato si riferisce? Si salta nel tempo in questo romanzo ambientato su un’isola sperduta in mezzo al mare dove un giorno, decenni fa, o forse solo ieri, è avvenuto un naufragio che ha portato scompiglio nella vita degli abitanti. È in particolare a Nonò che i fatti hanno scombussolato l’esistenza, radicandolo in ciò che è accaduto lungo il filo di quella che appare una vita intera. Se è infatti chiaro che il protagonista parla dall’isola, da cui non si è mai mosso, il gioco testuale è tutto nel tempo: qual è, di volta in volta, persino di paragrafo in paragrafo, il tempo di questa voce narrante?
È tanto forte, questo espediente narrativo, che il tempo diventa un personaggio alla pari di Nonò, di sua madre, del poliziotto e dello scienziato, della piccola Mattia e di sua zia. Il tempo e la memoria, che gli è connessa: il racconto di Nonò non è che un tentativo incessante di non scolorire, ripetendolo senza sosta, ciò che ricorda. E se è questo il nodo che tiene insieme la trama del romanzo di Claudia Lanteri, le quinte sono definite dalle pennellate linguistiche che creano l’isola e restituiscono il rapporto che con lei hanno i suoi abitanti attraverso descrizioni acutissime. Non è un caso che il protagonista ricordi che “non sempre le descrizioni le possiamo saltare, anche se annoiano, è lì che si annidano gli indizi. Per questo le conosco come le mie tasche”.
Di un naufragio e dei suoi riverberi
Un naufragio, si diceva. E un cadavere che viene sepolto sull’isola: sembra essere quello di una scrittrice, moglie di un personaggio equivoco e sfuggente che resta sospettato ma per accusare il quale occorrono le prove. Tragedia nella tragedia, il dramma in mare nasconde lo scafo compromettente ma restituisce invece una piccola naufraga, scioccata e straniera all’isola. È una storia intricata, misteriosa, e forse c’è un colpevole, o forse è solo una storia, che attraverso questo romanzo mostra la sua doppia faccia, da un lato una trama, dall’altro un grande meccanismo che è come una spugna. Lo dice Nonò: è tutta nera quando sta in fondo al mare, e allora va sciacquata, bisogna lavorarci su. Perché alla storia è collegato l’altro enorme interrogativo che grava sulla voce narrante: dove si trova la verità?
Chi è Nonò non lo sapremo forse mai, ma capiamo che la sua voce e i suoi interrogativi hanno a che fare con la narrazione e la storia, entità che fanno capolino da un manoscritto sottratto alla morta, e che si riveleranno elementi centrali di una riflessione lunga una vita – e un libro – sulla narrazione e sulla memoria. Non sarà forse che l’autrice ci sta parlando della letteratura stessa in un raffinatissimo e geniale romanzo? Tra un rimando e l’altro, nel gioco proposto al lettore, il misterioso manoscritto sembra descrivere la realtà, ma in fondo è solo una storia, vale lo stesso come prova? Nonò cerca indizi tra gli scogli e tra le righe, proprio come il lettore: «come si fa a essere certi che i luoghi descritti nei libri sono tal quali a quelli della vita? E le persone?».
Una storia da tenere insieme
C’è un’eco metaletteraria che sussurra tra le righe e suggerisce di cercare la soluzione al giallo di L’isola e il tempo nei filtri che la narrazione attiva sulla realtà, depurandola di dispiaceri, privandola di dettagli, oliando meccanismi per «tenere unite le varie parti della storia, che a volte pare la trama rotta di una vecchia nassa, quando i fili s’imbrogliano oppure vanno da tutte le parti». La densità letteraria di questo romanzo è tutt’uno con la trama: la storia si ripete nelle parole di Nonò, mentre il tempo, che non si schioda dall’isola condannandovi anche la voce narrante, trascorre su piani che non sono mai lineari e la logica, si intuisce, serve poco per illuminare i grandi interrogativi. I fatti si ripetono, ma a furia di raccontarli cambiano, sfuggono di mano nonostante si cerchi aggiustare le cose per come davvero sono state. Un giallo che, stante questa indagine, sembra davvero difficile da risolvere.
«E allora i racconti a cosa servono, se non servono a nulla?» si chiede giustamente Nonò, parlando ai suoi interlocutori sull’isola, ma individuando un dubbio che si insinua nelle mente del lettore. Tanti sono i passaggi che si confondono, tra misteri volutamente nascosti (è facile, nascondere raccontando) e ricordi che sfumano per riapparire in nuove fogge. Ma il lettore abile saprà trovare scorci della soluzione negli indizi sapientemente dosati tra le pagine, come Nonò, lettore, detective della memoria e in fondo anche autore, che commenta: «l’invenzione dà la forma al disordine, oppure si impazzisce, ci si perde a inseguire i fili spersi nella memoria: nel raccomodare la trama, quello che è stato nel passato non è tanto diverso da quello che non è stato».
Qual è il potere di questa storia che si muove nel tempo pur non spostandosi mai dalla sua isola, dai segreti di un mare dove le onde confondono i ricordi e mescolano le carte della trama, inabissando la soluzione? Sembrerebbe proprio essere l’immortale magnetismo delle storie: la fantasticheria dell’invenzione, la ricerca di un colpevole per un omicidio misterioso, il rimosso che affiora nella scrittura, i riverberi di una voce che contiene quelle di tutte le storie lette. Storie, solo e meravigliosamente storie: «d’altra parte le storie sono storie, e se c’entrano con le vite di chi le ha scritte importa poco».
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