“Sei ore da perdere” di Robert Brasillach è un romanzo impeccabile, un anomalo poliziesco, ambientato nel 1943, nella capitale francese. protagonisti un tenente di ritorno da anni di internamento in Germania e la donna, amante di un commilitone, che prova a rintracciare. Non è la sola indagine, perché c’è di mezzo un omicidio, e la consapevolezza che Parigi è in disarmo sul piano economico e morale: fra traffici di ogni genere e calunnie, si sprecano corrotti e voltagabbana
Fu scrittore vero, colto e imbevuto di cultura classica, e individuo dalle ripugnanti idee e azioni, Robert Brasillach. Antisemita e collaborazionista – il più illustre scrittore francese fucilato, trentaseienne, per le sue colpe nel dopoguerra, nonostante appelli bipartisan, avanzati anche da Camus, Colette, Cocteau, Mauriac, Valéry – Robert Brasillach torna in libreria con un volume formidabile, che ricorda davvero, ma se possibile con più disperazione, i migliori di Simenon, come più di qualcuno ha notato e sottolineato. Senza indossare occhiali ultra revisionisti che vanno molto di moda, si ricorda brevemente che Robert Brasillach ebbe la coerenza come unico “merito”. Non fuggì, né rinnegò opere e delazioni ai danni di ebrei e partigiani nel mirino di nazisti e di miliziani di Vichy, e si costituì dopo l’arresto della madre. L’editore Settecolori (che deve il suo nome proprio a un romanzo modernista di Brassillach) rispolvera Sei ore da perdere (242 pagine, 22 euro) e, dal punto di vista letterario, è un recupero importante, con traduzione di Alessandro Bernardini, introduzione di Roberto Alfatti Appetiti e breve saggio conclusivo della francesista Fausta Garavini.
Una breve parentesi
Pubblicato a puntate nella prima metà del 1944, su un supplemento del giornale della propaganda collaborazionista, Révolution nationale, Six heures à perdre di Robert Brasillach (che fu anche storico e critico di cinema) mette in scena, con una scrittura secca e impeccabile, la disperata ricerca di una donna nella Parigi del 1943. Si fa fatica a definire un poliziesco questo libro che fu l’ultimo della vasta produzione dell’autore. Le sei ore del titolo sono il tempo breve e serrato che un soldato, reduce da oltre tre anni di internamento in Germania, ha, mentre aspetta la coincidenza di un treno alla Gare de Lyon, per rintracciare una donna, Marie-Ange, amata da un commilitone, a cui ha promesso di reperire notizie ed eventualmente di darne alla giovane.
Francia tra delazioni e avidità
Siamo nella Parigi occupata dai nazisti, e il tenente Robert B. si mette sulle tracce di una figura misteriosa, di cui gli ha parlato tanto l’amico Bruno Berthier, che con lei ha trascorso una licenza di dieci giorni, scrivendole poi senza avere mai risposta. Un’inchiesta insolita, anomala (ma viva, con tanto di un omicidio e altri colpi di scena), che finisce per essere l’occasione per scrivere della «nostra contrastata epoca» e di una Parigi stravolta, deserta e povera, rispetto ai tempi che precedettero il suo arruolamento. Nella Francia che intravede (dove in qualche modo si intuisce già che la Germania soccomberà e per quelli come lui sarà resa dei conti) sembra esserci poco spazio per l’umanità, delazioni, avidità, calunnie, traffici di ogni genere e un egoismo di fondo sembrano sopraffarlo. Si sprecano i voltagabbana e i corrotti, secondo il giovane soldato, si inseguono solo i soldi e si cerca semplicemente di salvare la pelle.
Macerie, anche dell’anima
Il mercato nero, le privazioni, le ambiguità, le macerie, non solo degli edifici e delle strade, ma delle anime, tutto gli sembra più chiaro dopo i colloqui che ha, oltre che con Marie Ange (che ha fama d’essere enigmatica e fragile…), infine rintracciata, con la sua affittacamere, e con un poliziotto che indaga su un assassinio, quello del marito di Marie.Ange. Robert Brasillach imbastisce, con talento, colpi di scena. Indaga dramma, coraggio e sentimenti. Col risultato di scrivere un romanzo impeccabile, che fa i conti col destino di una storia oscura. Un recupero memorabile, questo di Sei ore da perdere.