Un debutto di valore, quello di Valeria Sirabella, ambientato principalmente nella periferia romana. Ne “Il mondo che da qualche parte esiste” la storia di una ragazzina fatale e bellissima, che sa come manipolare gli uomini con la propria avvenenza, di una sua coetanea che si sente inadeguata, delle loro famiglie, di adulti frustrati, sconfitti, disorientati, alle prese con passioni estinte. Un lungo precipitare verso il buio…
Da Pasolini fino a Zerocalcare e a Valentina D’Urbano, i palazzi delle periferie romane sono stati fondamentali per definire luoghi non solo fisici, ma principalmente mentali, possibilmente di figure molto giovani, nel bel mezzo di crescite che giocoforza si intrecciano con crisi. C’è un nuovo romanzo e, ovviamente, una nuova autrice, Valeria Sirabella, cresciuta alla scuola di scrittura Omero e che ha fatto gavetta pubblicando racconti brevi: può ricordare la già citata D’Urbano (collega di “scuderia” alla Mondadori), che aveva ambientato il suo debutto alla Fortezza, mentre Valeria Sirabella fa vivere Ginevra Scarlizzi, la sua adolescente protagonista, alla Torre. Similitudini a parte, siamo in presenza di un romanzo non sterminato, colmo di protagonisti, e che non smarrisce lo sguardo sugli adulti, non limitandosi a mettere in scena giovanissimi. Il romanzo è Il mondo che da qualche parte esiste (185 pagine, 19 euro), edito da Mondadori, e stupisce che non se ne sia parlato diffusamente, scritto molto, specie
La bellezza che salva?
Ginevra è stata cresciuta solo dalla madre, Vanda, alle prese con difficoltà economiche e non solo. Ginevra si muove nel mondo, o meglio nella sua borgata, con la sua bellezza sfrontata(«Il suo corpo è una dichiarazione sfacciata di giovinezza e sensualità»), parla in romanesco e ha un’abilità naturalissima: disarma gli uomini di qualunque età, sa come umiliare spasimanti sbruffoni e (apparentemente) strafottenti. Come Damiano, ad esempio.
Provare schifo per lui la fa sentire potente: lei prova schifo, mentre lui è devastato dal desiderio. Non riesce a credere che sia disposto a farsi umiliare così, che sia talmente schiacciato dai propri istinti da accettare che lei non provi niente, se non un leggero disprezzo.
Vanda iscrive sua figlia a un liceo «in città». E magari non pensa che la bellezza salverà il mondo, ma è profondamente convinta che salverà la quattordicenne Ginevra. La aiuterà ad elevarsi.
Sul volto di Vanda si disegna un ghigno silenzioso, una specie di risata tetra e solitaria. Fa una lunga pausa, caricando l’attesa di dramma. «Dimme ‘na cosa, amo’. Ma tu davvero non lo sai cosa gli fai ai maschi?».
Ginevrà socchiude gli occhi e desidera sparire. L’imbarazzo che prova per sua madre è insostenibile. Certe volte vorrebbe aiutarla a tacere, a coltivare dentro di sé un po’ di dignità.
Segreti e insoddisfazioni
A scuola la ragazza farà presto a non passare inosservata, ad attirare critiche, a essere considerata la coatta che si trucca in modo esagerato. Ma, come spesso succede nella vita vera, riesce a stabilire un rapporto con una coetanea della classe, agli antipodi: Camilla è timida, ingenua, si sente inadeguata. Ma paradossalmente Valeria Sirabella, scrivendo del loro rapporto impari, finisce per insinuarsi nel mondo delle rispettive famiglie, nei cuori sconfortati non solo dei giovanissimi ma degli adulti, fra sorrisi artificiali, ossessioni, segreti, aneliti, passioni estinte, frustrazioni, speranze, insoddisfazioni assortite: è il caso, eclatante, di Claudio ed Eleonora, genitori di Camilla, ma anche quando la “telecamera” si sposta sulla madre e sul padre, Marcello, di Ginevra. Che – a parte Fabio, ragazzo che conosce da sempre – vive situazioni estreme, imparando a «staccarsi dal proprio corpo e smettere di sentirlo suo», e a manipolare uomini che le mettono gli occhi, e non solo, addosso. Tutto precipita rapidamente verso un finale in cui «tutto sprofonderà nel buio», in un dolore che Valeria Sirabella non teme di mostrare, di vivisezionare. Eppure, forse, per qualcuno c’è speranza…
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