La New York dannata dei primi anni Ottanta di un epico e romantico racconto, ma non solo. Torna in libreria “La più lucente corona d’angeli in cielo” di Rick Moody, libro in cui sperimenta molto ma che è invecchiato benissimo. Lo scrittore statunitense si affida sempre e comunque a perdenti, individui alle prese con paure, solitudini e dubbi, spesso violenti e sconfitti. Nonostante un linguaggio estremamente controllato il risultato è divertente e straziante
Da vent’anni i più conoscevano solo la punta dell’iceberg, o meglio era così per chi aveva letto solo il più famoso dei primi racconti di Rick Moody. Adesso è possibile ammirare l’iceberg intero e magari potrebbe essere l’inizio della riscoperta di un grandissimo scrittore americano che in Italia ha fatto fatica a imporsi nell’immaginario collettivo dei lettori forti. Rick Moody è un sessantenne di successo, ormai, e a metà anni Novanta, incastonata tra i due romanzi con cui ottenne un’attenzione unanime negli States, tirò fuori dal cilindro La più lucente corona d’angeli in cielo (326 pagine, 18 euro), raccolta che in Italia era stata pubblicata in due volumi separati da Minimum Fax, ormai quasi introvabili. È stato colmato un vuoto, ed è questo quello che fanno le case editrici vere: la Nave di Teseo è andata oltre il lodevole tentativo di Minimum Fax, che, dopo Bompiani (deus ex machina allora, come ora, Elisabetta Sgarbi), aveva scommesso su Moody, pubblicando nel 2004 la più lunga ed eponima novella che compone questa raccolta, e l’anno dopo tutto il resto, sotto il titolo di The James Dean Garage Band. Adesso il libro è stato ripescato nella sua forma originaria e complessiva, con la traduzione di Adelaide Cioni, e contiene anche un racconto, Circolazione, curato da Marco Cassini e Martina Testa, vent’anni fa tra le anime di Minimum Fax, e che da tempo hanno dato vita a Sur.
Poche luci e molto squallore
Cosa racconta Rick Moody in quella che è stata la sua prima raccolta di short stories? E come racconta? Lo fa riuscendo a scrivere, con grande naturalezza, pagine divertenti e pagine strazianti, dando voce a una vasta platea di figure immerse, oltre che in una caleidoscopica e dannata New York, quella dei primi anni Ottanta, in vicende comunque inquietanti ed eccessive. Lo sguardo schietto e onesto della narrazione è quello che rapisce. Era così nella prima edizione di questo libro, che rappresenta circa un terzo della nuova, ed è una toccante storia di tossici, perdenti, travestiti e spogliarelliste dell’East Village, quartiere in cui si spaccia in parecchi angoli e dove, più che le luci, è lo squallore a venire a galla, dove tutti, a cominciare da certi angeli perduti, toccano il fondo, fra droga, promiscuità, prostituzione. Jorge frequenta un locale sadomaso sorto sulle ceneri di un macello, la giovane Toni è battuta all’asta e se l’aggiudicano Marlene e Doris, coppia di lesbiche. Randy e Yvonne, che lo rifornisce di hashish, iniziano una convivenza, diventeranno genitori, lei è incinta. La materia è caldissima, lo stile algido e ineccepibile, ma il distacco della scrittura riesce a sposarsi con un romanticismo mai patetico, mai sopra le righe, in un equilibrio rarissimo, felicissimo, che spiega con grazia nella postfazione Tommaso Pincio. La rassegnazione e gli abissi dei personaggi di Rick Moody affondano le dita nel cuore di chi legge, ma in modo impalpabile, con rara alchimia e controllo.
Le occasioni perdute
Sono in cerca d’amore – magari attraverso un sesso disperato, brutale, insoddisfacente – tutti i personaggi dei racconti di Rick Moody, alle prese con paranoie e dubbi, spesso violenti e sconfitti, volgari e diretti, alle prese con disagi, perdizioni, paure, solitudini. Storie invecchiate benissimo, magari non smaccatamente coese, ma che non mostrano mai, neanche per un attimo, i segni del tempo, che sanno essere poetiche e parlano al nostro presente con uno degli eterni ritornelli della letteratura, le occasioni perdute. C’è il marito che registra su alcuni nastri le telefonate della moglie. C’è un mai morto James Dean che ha messo su una rock-band in una piccola località californiana. C’è uno studente che scrive una tesina finale di studi religiosi sull’Apocalisse “contaminandola” col racconto autobiografico di una delusione sentimentale, un articolo accademico decisamente più “frizzante” del solito. C’è nel magnifico racconto Pip alla deriva il ritorno letterario di Pip, mozzo afroamericano del Pequod, personaggio secondario ma formidabile del Moby Dick di Melville. C’è, nel più sperimentale e ultimo dei racconti, Fonti primarie, l’autobiografia di un giovane scrittore, verosimilmente lo stesso Rick Moody, trascritta come insieme di note a piè di pagina di una bibliografia. C’è un libro che, insomma, è un miracolo. C’entrano gli angeli del titolo ma, adesso lo sappiamo bene, non solo loro…
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