Aneddoti, testimonianze, sguardi critici in un volume di Walter Mauro, “La letteratura è un cortile”, in cui si raccontano scrittori e artisti in una dimensione quotidiana, fatta anche di pettegolezzi e dispetti. Una lezione di stile e tanti amarcord con i più grandi autori, italiani e non, del Novecento
Una grande stagione della letteratura vissuta e vista coi propri occhi. E il rammarico, trattenuto, non forsennato, non davvero malinconico, per la fine di quella grande stagione della letteratura. Uno spettatore all’antica dei bei libri che furono e dei grandi autori che scrissero, Walter Mauro, scomparso da dodici anni, che rivive in un libro riproposto da Giulio Perrone editore, pubblicato inizialmente nel 2011.
Vizi e virtù
Oggi chi scala le classifiche, le scala con la cronaca. […] La cronaca è doverosa, Gomorra è una doverosa cronaca, ma rientra indebitamente nella categoria della letteratura.
Chissà cosa avrebbe scritto ancora Walter Mauro della deriva ulteriore degli anni più recenti. Antifascista, celebre critico, non solo letterario ma anche musicale, allievo di Giuseppe Ungaretti e Natalino Sapegno, ne La letteratura è un cortile (165 pagine, 16 euro) Walter Mauro regala sprazzi autobiografici, ricordi curiosi, giudizi non scontati, specie su autori dalla scarsa tenuta nella memoria collettiva, dimenticati ingiustamente, principalmente italiani, ma non solo. Chicca relativa, il dissidio, anche privato e prosaico, fra Vargas Llosa e Garcia Marquez, come le risapute vicende editoriali de Il Gattopardo fra Vittorini e Bassani, mentre decisamente più leggendaria è la rivalità fra Borges ed Ernesto Sabato, raccontata da Mauro. Scrittori grandi o meno, nelle pagine di Walter Mauro, fanno spesso tutti la stessa fine. Li mette giù dal piedistallo e ne scrive, da una prospettiva quotidiana, di virtù e vizi. Un esempio? L’invidia di Italo Calvino per chi si avvicinasse al suo stile o lo insidiasse. Questioni di cortile, spesso, lascia intendere Walter Mauro, che perentoriamente annota:«la letteratura è un cortile, nel senso dei pettegolezzi, dell’odio, dei dispettucci tra letterati».
Da Quasimodo a Bonaviri, da Roth a Carlo Levi
La semplicità e l’umanità di questo libro sono straordinarie, un valore aggiunto. Al tutt’altro che imperturbabile Calvino si affiancano Quasimodo sensibilissimo al fascino femminile, e l’irascibile Ungaretti, che esplode quando è proprio il poeta siciliano ad aggiudicarsi il Nobel. Racconta la Parigi (dove visse da inviato di Paese Sera) di Sartre e di Picasso e di Miles Davis e una Roma ancora più internazionale, a Trastevere, dove, magari a casa di Rafael Alberti, poteva capitare di imbattersi in «Sartre, Miguel Ángel Asturias, Philip Roth, Saul Bellow, James Baldwin». E poi le passeggiate nelle campagne vicino Frosinone, in compagnia di Giuseppe Bonaviri, che «sembrava la Laura del Petrarca o il Pin distratto dai nidi di ragno». E ancora gli incontri con Roth («la persona più scontrosa che io abbia conosciuto», «il più grande scrittore contemporaneo»), la frequentazione con Moravia, Morante e Pasolini. Testimonianze, aneddoti (di quella volta che accompagnò Carlo Levi dall’oculista), sguardi critici. Un libro di verità e leggende, di umori, scritto da un lucido e affabile critico che sa come dialogare con i lettori, in modo accattivante. Una lezione di stile forse non alto ma profondo.
Seguici su Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, WhatsApp, Threads e YouTube. Grazie