A due anni dalla vittoria del premio Campiello con “I miei stupidi intenti”, Bernardo Zannoni è già da mesi tornato in libreria con l’opera seconda, “25” e si racconta in questa videointervista. «Racconto la crisi del quarto di secolo. Si tratta di una cosa che io ho sperimentato, ho visto nei miei amici. Per uscirne ci vuole tutta la vita… Eppure questo romanzo, rispetto al mio esordio lascia uno spiraglio di speranza».
Dalla faina Archie all’umano Gerolamo, detto Gero, giovane chiuso in se stesso, indeciso, che non vive grandi emozioni, prospettive ed esiti sulla pagina sono cambiati. «Ma non definirei Gero un inetto – sottolinea Bernardo Zannoni – non rischierei di usare una parola spregiativa a tutto campo per lui. Si tratta di qualcuno sospeso, con questo tempo stringente sulla schiena, con il fiato sul collo, che gli ordina di definirsi nel minor tempo possibile e con la sicurezza più importante che lui riesce a trovare nel breve periodo, è qualcuno che in realtà può fare qualsiasi cosa ma che non riesce a trovare la sua la sua strada in quel momento e quindi ne risulta bloccato per tutto l’arco narrativo della storia». Nel secondo romanzo di Bernardo Zannoni i 25 anni rappresentano uno spartiacque, bivio e linea d’ombra. «Occhi nuovi – precisa l’autore – occhi che non sono né maturi né troppo puerili e che richiedono a chi sta guardando questo mondo così indefinibile di riuscire a darsi una forma. Si tratta di una cosa che io ho sperimentato, ho visto nei miei amici, la crisi di quarto di secolo.Per uscirne ci vuole tutta la vita… Eppure se I miei stupidi intenti finiva con una certa crudezza, 25 lascia uno spiraglio di speranza. Sintetizzando il suo finale potrei dire: il presente per accettarsi, il futuro invece per sperare».