Uno dei più riusciti ritratti della Grande Mela negli anni Ottanta e degli stravaganti artisti, spesso aspiranti tali che la popolavano. Una benedizione il ritorno in libreria del più importante libro di Tama Janowitz, “Schiavi di New York”, una raccolta di racconti colma di relazioni tossiche e di gente disposta a tutto pur di vivere al di sopra delle proprie possibilità e godere delle mille luci di New York
Al netto delle leggende metropolitane e del marketing che avvolgevano alcuni narratori statunitensi che debuttarono negli anni Ottanta, e al netto della ritrita espressione «libro di culto», l’assenza più che decennale di Tama Janowitz dalle librerie italiane era un’onta, qualcosa di cattivo gusto, una mancanza di rispetto all’intelligenza di chi con frequenza va nelle librerie a caccia di bellezza. L’autrice di San Francisco, grande amica di Andy Wharol, che si impose poi sulla scena di New York, era una delle assenze più vistose, in Italia, di una stagione letteraria fatta di eccessi, titoli sui giornali, finita ingenerosamente nell’oblio, salvo qualche exploit di Donna Tartt o Bret Easton Ellis. Di quella stagione uno dei libri più noti, non il primo, perché Tama Janowitz fece un po’ di gavetta, è stato un volume di racconti, ripresentato in una traduzione aggiornata da Rossella Bernascone, che nel 1987 aveva lavorato all’edizione Bompiani. Schiavi di New York (362 pagine, 18 euro), questo il titolo della raccolta di venticinque storie brevi (la prima volta erano ventidue), che ha come protagonisti donne e uomini, stravaganti e ansiosi, affamati di gloria ma non sempre ricchi di talento, artisti inadeguati, mercanti, collezionisti e prostitute, gente che si muove fra cinema e moda, in gran parte individui creativi che sono a caccia del successo e del denaro (ma non è detto che siano in grado di ottenerli entrambi…), a volte anche di un alloggio. Schiavi di New York è uno splendido recupero del catalogo di Accento edizioni, con nuova e franca prefazione di Veronica Raimo.
Pagine originali, vivide, feroci e accurate
Nessun altro libro di Tama Janowitz ha avuto il successo di critica e pubblico di questo. Non semplici racconti generazionali, collegati fra loro e in cui alcuni personaggi tornano molte volte, ma prove narrative che hanno la pelle dura e la tenuta di non sfigurare per nulla nel terzo millennio. Certo, l’autrice è tornata a vivere sulla… terra. Smaltendo la sbronza mediatica. Il baricentro della vita di Tama Janowitz, vicina ai settant’anni, si è decisamente spostato dalla feroce capitale del mondo che in qualche modo non perdona il successo (si legge anche in questo libro…) alla provincia americana, dalla Grande Mela (dalle feste delle celebrità, dalle rubriche glamour sulle riviste più in vista, dai racconti sul New Yorker, perfino da qualche impegno pubblicitario, che fece storcere il naso a qualche collega) alla provincia americana, in una campagna isolata. Cosa vien fuori dalle sue storie di qualche decennio fa? Che l’era Reagan non aveva azzerato certa cultura underground. Che le sue pagine sono originali, non hanno davvero padri letterari. Che i suoi dialoghi sono vividi e non artificiosi, figli di una scrittura che non accusa i segni del tempo. Che è possibile essere feroci, ironici, distaccati, accurati nell’osservare e nel descrivere, abili nell’evocare relazioni tossiche o figure cariche di opportunismo, paranoia, follia.
Qualsiasi strada
Uno dei personaggi più riusciti è un artista sconosciuto e squattrinato, Marley Mantello, che ha una grande considerazione di sé e assieme all’agente Ginger prova a piazzare le proprie opere e sogna «la realizzazione della Cappella di Gesù-Donna accanto al Vaticano. Completa delle Stazioni della Via Crucis: la Rigovernatura dei Piatti, il Cambio dei Pannolini, l’Autoflagellazione allo Specchio, la Preparazione dello Spuntino per il Picnic, eccetera. La notizia sarebbe corsa di bocca in bocca, avrei fatto pagare settantacinque centesimi d’ingresso per la più grande attrazione dopo Disney World». Lui – come anche Eleanor, che disegna gioielli, o Stash, che dipinge scene bibliche in cui fanno irruzioni cartoni animati – rappresenta i tanti giovani (con studi irregolari e famiglie raramente felici alle spalle) che vivono al di sopra delle proprie possibilità, che cercano di godersi tutte le attrazioni e le luci di New York e, per riuscirci, non esitano a fare di tutto, a provare qualsiasi strada. Sesso, alcol e droghe sono percorsi naturali, come respirare, come nutrirsi.
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