Da sempre e in eterno si cerca di svelare la magia di Franz Kafka, morto cento anni fa. Nulla viene tralasciato e, in occasione del centesimo anniversario della scomparsa, scrittori e studiosi – da Mauro Covacich a Nadia Fusini, a Giorgio Fontana – sono tornati a indagarne il lavoro, ogni sfumatura esistenziale e letteraria. Difficile comprenderlo davvero e fino in fondo, ma forse, a dar retta a Nabokov…
Il centenario della morte di Franz Kafka ha innescato uno sciame sismico che ha coinvolto tutto il mondo editoriale: intellettuali, scrittori, giornalisti, filosofi, tutti colti nel sonno lisergico dei tempi odierni, ognuno teso a consegnare ai posteri un tassello del misterioso mosaico che compone l’enigma Kafka.
Solitario, schivo, irrisolto e sostanzialmente antisociale, Kafka rinnova l’incanto del suo passaggio terrestre che ha marcato in modo così profondo la storia della letteratura e del costume sociale.
Oggetto di murales, di affollatissimi gruppi di lettura, di tatuaggi, icona pop in un mondo di BookTokers, ri-tradotto, re-interpretato, ri-studiato; Kafka non smette di stupire e di generare ipotesi sempre diverse, rivelandosi il fatidico “pugno in testa” che avrebbe sempre voluto essere.
Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio a che serve leggerlo?
Queste le parole che scrive al suo compagno di classe e di letture Oskar Pollak
Sugli scaffali delle librerie, il grande autore praghese viene dissezionato e ricomposto in mille cromatiche copertine, umile tentativo di riproporne le sfumature letterarie ed esistenziali.
Si studiano le note dei suoi diari, le lettere a Milena, la preziosa corrispondenza con l’amico Max Brod, la liquidità della sua identità, la repulsione del corpo, la sua dieta e perfino gli influssi del suo segno zodiacale.
Nulla viene tralasciato.
Ma cosa muove questa smania ontologica?
«L’impossibilità di conoscerlo completamente… uno che lascia lettori ed esegeti con la sete, con la necessità di altro materiale che non arriverà mai» direbbe Giulio D’Antona, che scrive uno splendido articolo su Tuttolibri ricordando la capacità dell’opera di questo grande scrittore di abbracciare chiunque si trovi pronto ad accoglierla, perché Kafka è di tutti, eternamente incompleto e compreso da nessuno.
Nessuna risposta, getta nello scompiglio
E se vi chiedete perché leggere Kafka? vi risponde Mauro Covacich, autore del recente Kafka (144 pagine, 16 euro) edito da La nave di Teseo.
Perché non ci spiega praticamente niente, non ci offre una morale, non ci manda messaggi, né ci dona risposte. Kafka ci getta nello scompiglio e lo fa con cognizione di causa, perché è sempre ben presente in ogni sua riga l’utilità che deriva dalla letteratura: mostrarci qualcosa che non avremmo voluto vedere.
Perché è generoso e si mostra in tutta la sua fragile nudità letteraria, perché scrivere è una missione. Ogni parola ha un peso specifico abnorme.
Perché non appartiene a niente e a nessuno, perché è spietato con sé stesso, perché sembra l’espressione di un binarismo assolutamente in anticipo sui tempi e nulla è più contemporaneo che il suo sentimento di non appartenenza dal mondo e dalle dinamiche sociali.
Lui e le donne
Ed è proprio Nadia Fusini che in Due. La passione del legame in Kafka (208 pagine, 13 euro), ripubblicato da Feltrinelli, analizza i rapporti che Franz Kafka ha con le donne, universo così estraneo dal suo spazio vitale, che esclude ogni abbraccio della vita.
Felice Bauer, Milena, Dora… a dettare il tempo esistenziale di Franz è un assolo, un all-ein (alone – solo, significativo il doppio senso semiotico) che zittisce lo spazio relazionale in un silenzio intriso di desiderio.
Tradimento e amicizia
Nel labirinto kafkiano perde l’orientamento anche Giorgio Fontana, autore avvezzo ai podi letterari, ma che al cospetto del grande maestro Kafka rivela: «Non lo leggo per leggerlo, ma poso la testa sul suo petto. Egli mi tiene come un bambino»
Il suo Kafka. Un mondo di verità (320 pagine, 16 euro) edito da Sellerio è un viaggio nelle scelte narrative, nelle tecniche di scrittura, nell’ermeneutica dell’opera di Kafka.
Fontana si addentra nella purezza linguistica, nei plot twist, negli spezzoni dialogici «che si avvitano di continuo su sé stessi con momenti di incomprensione reciproca che lasciano il lettore completamente spaesato» e il suo omaggio si tinge di giallo, di tradimento e d’amicizia.
Su tutti e su tutto si erge l’analisi critica di un grande maestro della letteratura, nonché esperto entomologo: Vladimir Nabokov.
Le sue Lezioni di letteratura (Adelphi) sono entrate nella storia e molti sono i nomi che sono passati dal suo personale setaccio di Eratostene.
«Kafka è il più grande scrittore tedesco della nostra epoca, al cui confronto poeti come Rilke, o romanzieri quali Thomas Mann sono nani o statuine di gesso»
Grande conoscitore delle sovrastrutture che Kafka demonizzava e arguto osservatore, Nabokov fu il primo a palesare il fatidico fraintendimento: Gregor Samsa, universalmente “letto” come scarafaggio, in realtà è molto più simile a un coleottero e pertanto dotato di ali.
«Ma stranamente il coleottero Gregor non scopre mai di avere delle ali sotto la corazza del dorso (questa mia riflessione è acuta e dovete custodirla gelosamente per tutta la vita; ci sono dei Gregor e come loro tante altre persone comuni che non sanno di avere le ali)»
Forse un briciolo d’incanto è stato svelato e sicuramente Kafka continuerà a parlare a tutti noi, che cercheremo in eterno di svelarne la magia.
Un’ammiratrice: Patrizia Picierro
Seguici su Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, WhatsApp, Threads e YouTube. Grazie