Roberto Cicala e le città del libro, che storie fantastiche…

“Andare per i luoghi dell’editoria” è il nuovo saggio di Roberto Cicala, un itinerario lungo tante realtà del libro in Italia, dai grandi gruppi alle sigle indipendenti, un felice viaggio presso imprese temerarie e pionieristiche in un Paese, in cui «tutti vonno scrivere e nisciuno vo’ leggere»…

Le capitali dell’editoria – quelle storiche e quelle esotiche, cioè senza grandi capitali alle spalle – come tappe di uno speciale Giro d’Italia, rigoroso e agile, di mirabile sintesi e al contempo di completezza delle informazioni, dei dati storici, e di efficaci ritratti dei principali protagonisti. Un po’ itinerario, un po’ manuale, un po’ istruzioni per l’uso di un’editoria, quella italiana, che ha avuto momenti d’oro e adesso, magari, gioca in difesa. Un interessante saggio, pubblicato dalle edizioni Il Mulino (auguri per i settant’anni dalla fondazione), e scritto da Roberto Cicala, fra le altre cose, firma di quotidiani e riviste, italianista e filologo, docente universitario alla Cattolica di Milano, editore di Interlinea.

Le capitali

Andare per i luoghi dell’editoria (190 pagine, 14 euro) di Roberto Cicala, volume della collana «Ritrovare l’Italia», regala un quadro esaustivo di tante felici avventure editoriali lungo la penisola, non solo le maggiori e più proverbiali, come quelle di Mondadori e Rizzoli, magnati dalle umili origini ma dal fiuto incredibile. Per come le racconta Cicala, e le racconta sapientemente, ci sono almeno un paio di capitali dei libri in Italia. Allora, quando nacquero, come ora. Stiamo parlando di Torino e Milano, neppure troppo rivali, ma in sinergia, specie da quando Mondadori ha rilevato Einaudi, che fa parte del gruppo di Segrate come cuore pulsante. Capitale intellettuale e sentimentale, la città sabauda, capitale economica, Milano, «superando l’idea spesso diffusa di inquinamento, economia corrotta e delinquenza con una buona dose immunizzante di letteratura e civiltà». Nel capoluogo piemontese sboccia la stagione irripetibile dello Struzzo, col divo Giulio Einaudi circondato da eccellenze in ordine sparso, Calvino, Pavese, Bobbio, Foa, Pinelli, Mila, i Ginzburg (Leone e Natalia). A Milano si sfidano, su vari fronti, e con personalità antitetiche, i padri fondatori di Mondadori, Rizzoli e Feltrinelli, le loro sfide, anche sul campo dei tascabili. In entrambi i casi attorno alle stelle più brillanti orbitarono e orbitano “satelliti” di non poco conto: Bollati Boringhieri, Sei, Utet a Torino, Bompiani, Garzanti, Adelphi, Il Saggiatore e tutte le sigle che in anni più recenti faranno parte del gruppo GeMS.

Roma e l’ingombrante politica

La prosa di Roberto Cicala è gustosa (e usa spesso l’analogia della cucina per illustrare ricette, ingredienti e dinamiche editoriali) ma analitica, snocciola date, dati, lungo un personalissimo itinerario, ma anche aneddoti (durante la guerra, non abbondando la carta, Bompiani decise di abolire la h del verbo avere, utilizzando ogni volta al suo posto la “à” si risparmiarono tantissime pagine) e citazioni, ragionando su come le singole città, gli ambienti e i contesti, in cui si sviluppano grandi e piccole sigle editoriali, possano influire su idee e lavoro delle stesse. Riflettendo come ancora oggi siano importanti i luoghi fisici per fare editoria. Molto interessanti le pagine su Roma, quella cattolica e quella laica, una «jungla» dei libri con numeri importanti, tante realtà indipendenti, e una caratteristica ineludibile, «la presenza ingombrante del Parlamento e del governo che segnano l’attenzione politica oltre che civile di varie sigle». E ha tanti capitani di ventura e tante storie di successo, ultima quella delle edizioni e/o e la stupefacente “Ferrante Fever”.

Bibliodiversità

Allontanandosi dal nord ovest e da Roma, dove si ha contezza delle grandi fette di mercato che sono appannaggio delle grandi concentrazioni editoriali, non si smarrisce comunque il senso della valenza culturale di molte imprese medio-piccole solo nelle dimensioni e nei fatturati, ma che sono indispensabili per definire compiutamente l’industria culturale italiana. Da Marsilio a Sellerio, da Laterza al Mulino, da Guanda a Giunti, da Giuntina a Zanichelli, dalla Nave di Teseo a Marotta e Cafiero, attraverso piccole e grandi “visite guidate”, Roberto Cicala racconta la “bibliodiversità”, attraverso storie fantastiche, temerarie e pionieristiche in un Paese, in cui «tutti vonno scrivere e nisciuno vo’ leggere», come si legge in un racconto di Antonio Franchini citato in questo saggio.

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