La rivoluzione illude nella labirintica spy-story di Semprún

“La seconda morte di Ramón Mercader” del leggendario Jorge Semprún è un romanzo centrale nel Novecento, corale, convulso e turbinoso: la fine del comunismo sovietico tra burocratizzazione e totalitarismo, una spia che sembra spacciata, tanti punti di vista e piani temporali…

Spagnolo esiliato, comunista ai tempi di Franco, adottato dalla Francia (cresciuto leggendo Gide e Rimbaud, Malraux e Baudelaire), torturato dalla Gestapo e deportato come numero 44904 a Buchenwald nel 1944 dai nazisti, 007 filosovietico fin quando non scoprì le nefandezze del regime dell’Urss (lettura decisiva Una giornata di Ivan Denisovic di Aleksandr Solženicyn), infine tornato in Spagna da ministro della Cultura, Jorge Semprún, classe 1923, è stato un grande intellettuale europeo, proposto in Italia a più riprese da Guanda, Einaudi e Passigli, ma che non è riuscito a ritagliarsi lo spazio che avrebbe meritato. Nel catalogo delle edizioni Medhelan – copertine monocolori con illustrazioni essenziali, sigla frutto di una scissione dalla casa editrice Settecolori, stesse anime non ortodosse – c’è un romanzo di Jorge Semprún (anche sceneggiatore per Costa-Gavras) che non si fa fatica a considerare centrale nel Novecento, pubblicato originariamente nel 1969 e reso in italiano grazie alla traduzione di Leopoldo Carra, tutt’altro che agevole. La seconda morte di Ramón Mercader (461 pagine, 28 euro) è un testo di grande ricchezza linguistica, incalzante, che “gioca” con la forma romanzo, immerso nella storia degli anni Sessanta del secolo scorso. Come per altri suoi libri la materia autobiografica è molto importante: egli stesso per una decina d’anni visse in clandestinità, inviato dal partito comunista francese in varie missioni in terra di Spagna, attraversando la frontiera con più di uno pseudonimo

Ai tempi della Guerra Fredda

La seconda morte di Ramón Mercader è un romanzo che Jorge Semprún – eretico comunista che continuò a professarsi tale, lontano dagli apparati europei di partito allineati al Pcus che aveva “tradito” l’ideologia – veste da spy-story, genere piuttosto in voga nel periodo in cui fu pubblicato, per parlare di ben altro, in particolare della rivoluzione e delle sue illusioni. Un tema, probabilmente, non gradito negli anni Settanta alla sinistra che aveva una voce di peso in ambito editoriale. Ci sono spionaggio, controspionaggio, e l’eredità del comunismo a partire dal blocco sovietico ai tempi della Guerra Fredda, fra burocrazia e totalitarismo: così gli ideali di Marx furono smarriti ed è ciò che sostanzialmente emerge da questo romanzo, se il rivoluzionario diventa un funzionario o un vile delatore, è la fine. Siamo in presenza di un libro caleidoscopico e labirintico, con tanti punti di vista e piani temporali, diversi registri linguistici, colto e ironico, a tratti complesso, imperdibile.

Quello 007 e l’omonimo “famoso”…

Ramón Mercader, agente segreto al servizio del Kgb, poco più che trentenne, ha curiosamente lo stesso nome dell’assassino di Trockij. in Messico, nel 1940; omicida che sarebbe riuscito a tornare senza troppi onori in Unione Sovietica solo a morte avvenuta del suo mentore, e mandante dell’esecuzione, Stalin. Il Ramón Mercader di Semprún, invece, si trova ad Amsterdam nella seconda metà degli anni Sessanta e non impiega troppo a capire d’esser seguito, probabilmente tradito, venduto ai nemici. Il romanzo è corale, più che movimentato sul piano spaziale e temporale, con varie digressioni, dalla prima persona si passa alla terza, il plot è convulso e turbinoso, tormentati e sfaccettati tutti i personaggi (a un certo punto anche il veroIl Ramón Mercader entra in scena…), molteplici e minuziosi sono i riferimenti storici, politici e artistici (da Vermeer a Proust, atipico punto di riferimento per un autore come Semprún). Per chi crede che la lettura sia un atto meraviglioso e totalizzante questo libro è manna dal cielo…

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