Cunningham stavolta è un diesel, ma alla fine ecco i demoni…

In “Day” il più recente romanzo di Michael Cunningham, già premio Pulitzer, prevale inizialmente una raffinata ironia, ma alla lunga riemergono angosce e inquietudini – nell’ambito degli equilibri di un nucleo familiare – che sono un po’ il marchio di fabbrica dell’autore de “Le ore”…

Isabel e Dan sono una coppia di quarantenni in crisi, soprattutto personale. Robbie, il fratello gay di Isabel, che da sempre vive nella loro mansarda, è un Peter Pan insoddisfatto e alla continua ricerca di qualcosa; un lavoro meglio retribuito, una bell’appartamento “semi-economico”, un amore romantico.

Lo “sfratto”

Fa vivere la vita che vorrebbe a Wolfe, un amico d’infanzia immaginario che ha trasformato in un gemello perfetto e suo alter ego virtuale acchiappa like. Adorato dalla sorella e innamorato del cognato che, a modo suo lo ricambia, è uno zio affettuoso e giocherellone e il punto di equilibrio di tutta la famiglia. Quando, per permettere a Nathan, nipote oppresso da una crisi pre-adolescenziale, di affrancarsi dalla convivenza in cameretta con la sorella minore, Violet (il personaggio più complesso e meglio riuscito di tutto il romanzo), Robbie viene “sfrattato”, l’equilibrio si rompe.

Un po’ Woody Allen, un po’… Cunningham

La struttura tripartita, i salti temporali, il senso di inadeguatezza dei personaggi, c’è tutto ma, per tutta la prima parte del nuovo libro di Cunningham, Day (320 pagine, 22 euro) – tradotto da Carlo Prosperi per La Nave di Teseo – mi sono chiesta: “Ma chi è questo?”. Di sicuro non il Michael Cunningham che ho conosciuto io. Un omonimo, un impostore, un ghostwriter.
Che fine ha fatto quella scrittura densa, introspettiva, che sfuma i contorni e li opacizza. Quel senso di inquietudine, un po’ angosciante, diciamolo, che trasmettono (anche solo a ripensarci) le pagine del Pulitzer 1999, Le ore? Al suo posto sembra esserci la sceneggiatura di una commedia di Woody Allen, raffinata, nevrotica e imbevuta di ironia. Poi, così, “de botto”, da pagina 145, Cunningham si palesa in tutto il suo lirismo. La patinatura sbiadisce, gli equilibri si rompono, i personaggi si attorcigliano e i loro demoni prendono il sopravvento.

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