Sheila Heti è una scrittrice da tempo nel futuro. Con “Colore puro”, di esilissima trama, prova a spingersi ancora avanti: è un libro che non assomiglia a nessun altro, poetico e… pazzo. Concepito come una prima stesura, una bozza, metafora del mondo di cui forse Dio prepara una nuova versione
Quando eravamo di buon umore riconoscevamo che Dio non se l’era cavata poi così male: ci aveva dato la vita, e aveva riempito gran parte degli spazi vuoti dell’esistenza, eccetto quello che avevamo nel cuore.
Viaggia spedita verso i cinquant’anni, ma è già nel futuro, molto più di certe pischelle che hanno molta visibilità, ma non altrettanto slancio verso quel che verrà, non altrettanta sfrontatezza letteraria. La canadese Sheila Heti – in Italia salita alla ribalta con Maternità (ne abbiamo scritto qui), di cui si è tornato a parlare recentemente, perché Sellerio l’ha rilanciato in versione tascabile – con Colore puro (240 pagine, 18 euro), tradotto da Federica Aceto e pubblicato da Il Saggiatore, ha scritto un libro che non assomiglia a nessun altro, pazzo e poetico. Un volume segnato dalla morte del padre di Sheila Heti, prepotentemente entrata in corso d’opera tra quello che c’è scritto.
Il giorno dopo la morte di suo padre, Mira aveva capito che, volendo, avfrebbe potuto abbandonare la sua vita, allontanarsi per sempre, e la cosa non avrebbe avuto la minima importanza. Lui, la sua vita, l’aveva abbandonata, e perciò anche ei aveva paura di fare lo stesso. Guardando suo padre morire, Mira aveva capito che non c’era motivo di aver paura di niente. Non poteva più avere paura di vivere o di morire. E suo padre, che aveva veramente amato la vita, sul letto di morte le aveva detto: Niente di tutto questo ha importanza.
Studio, amore e morte
Un po’ diario e un po’ saggio, tra poesia e filosofia, questo libro di Sheila Heti riduce all’osso qualsiasi storia da raccontare: la giovane Mira fa i conti con perdite e fallimenti, con i sogni infranti da studentessa, con una storia d’amore senza lieto fine, e con la scomparsa del genitore. Con andamento irregolare e frammentato l’autrice di racconta giusto questo, riflettendo sull’importanza e sulla necessità dell’arte e della letteratura e guardando a Dio come qualcuno, una sorta d’artista, intento a preparare una nuova bozza del pianeta e dell’umanità, perché la prima non l’ha convinto… Il concetto di bozza ritorna con una certa frequenza. la stessa Sheila Heti ha spiegato, in più di un’occasione, di aver concepito programmaticamente Colore puro come se fosse una bozza, qualcosa come una prima stesura, non del tutto coerente e coesa, metafora del mondo. Pianeta che può migliorare in una seconda versione, dove forse le occasioni del dolore saranno azzerate.
Domande e dubbi
Precaria e disorientata, figlia unica col sogno di diventare critica d’arte, Mira – tra sofferenze, senso di solitudine, il lutto per la scomparsa del padre – ha tante caratteristiche in cui molti lettori possono immedesimarsi. Domande e dubbi sul dolore, su quel che scompare e su ciò che resta dopo perdite enormi, sulla paura, si affastellano fra il flusso dei suoi pensieri. E lei a un certo punto diventa una foglia, un guscio, una barriera, una cappa di dolore, da cui provare a uscire…
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