Una riscoperta importante è quella di Joan Aiken e del suo “I lupi di Willoughby Chase”, primo volume di un ciclo per ragazzi che, come pochi, cattura i lettori. In un’immaginaria Inghilterra ottocentesca le peripezie iperboliche di due giovanissime innescano alcune eterne contrapposizioni: bimbi contro adulti, uomini contro animali, bene contro male
Vedi alla voce “nuovo classico per ragazzi” (e per adulti curiosi che non dimenticano la scoperta della lettura decenni e decenni or sono). Nuovo, relativamente, perché la prima pubblicazione risale addirittura ai primi anni Sessanta. È merito di Adelphi se adesso i più giovani potranno deliziarsi con una storia felicemente eccessiva in tutto, sfrenatamente improponibile, come esigono tutte quelle ai limiti del credibile che devono stupire e tenere all’erta. Joan Aiken, cresciuta in una famiglia di scrittori e artisti, scomparsa venti anni fa, fuori dall’Inghilterra non ha ottenuto l’attenzione che merita. I lupi di Willoughby Chase (191 pagine, 20 euro) – illustrato a china da Pat Marriott, tradotto da Irene Bulla – potrebbe dare una sterzata alla sua fama, almeno in Italia: è il primo volume di una serie stralunata e bizzarra, che fa il verso a certa narrativa ottocentesca, a cominciare da Dickens, ma che guarda anche ad altri modelli dissonanti, rispetto all’autore di Oliver Twist.
Cugine diverse
L’ottocentesca e cupa Inghilterra – con storia alternativa, visto che è salito al trono Giacomo III – messa in scena da Joan Aiken è una terra immaginaria, realistica e fantastica, presa d’assalto dai lupi che arrivano dalla Francia, via Manica, attraverso il canale sottomarino che unisce Calais a Dover. I lupi braccano la popolazione, non esitano ad attaccare i treni in corsa, uno di loro addirittura è capace di sfondare i finestrini di un vagone per aggredire la piccola Sylvia, una delle due giovani protagoniste del romanzo. Sylvia va a trovare Bonnie Green, la cugina – hanno indoli molto diverse ma entreranno subito in sintonia – per farle compagnia in una grande tenuta, la splendida villa di Willoughby. I genitori di Bonnie, infatti, devono andar via per un periodo imprecisato: il padre accompagnerà la moglie Sophia, alle prese con una misteriosa malattia, per un lungo viaggio. Le ragazze saranno affidate alle cure di una governante, Letitia Slighcarp. Ci sono molti elementi già scritti, letti, visti e sentiti, ma Joan Aiken li orchestra in modo impeccabile, con lo scopo di imprigionare il lettore e non mollarlo. E ci riesce.
Un ibrido di successo
La casa finisce per essere una trappola ben più pericolosa dell’esterno popolato di lupi. Slighcarp si dimostra tutt’altro che un angelo custode per le due giovanissime che le sono state affidate. E per Bonnie e Sylvia hanno inizio una miriade di peripezie, innescate dalla diabolica governante e da un destino avverso. La contrapposizione fra bimbi e adulti, fra uomini e animali, fra bene e male, insomma, impiega poco a venire a galla e a estremizzarsi in un turbine di vicende dal ritmo incalzante, che ricordano a tratti più di un classico per l’infanzia, ma nel complesso danno vita a un ibrido di successo, asciutto, concreto, che bada al sodo e non si perde in quisquilie. Scherzi del destino, coincidenze, iperboli e due piccoline che sono un portento, correte in libreria…
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