A cento anni dalla nascita va celebrata la volitiva Goliarda Sapienza, a cui in vita sono stati negati i riconoscimenti post-mortem. Il calvario editoriale del suo capolavoro è raccontato con dovizia di particolari in “Cronistoria di alcuni rifiuti editoriali dell’Arte della gioia”, a cura del suo storico compagno Angelo Pellegrino
La fortuna postuma ha restituito a Goliarda Sapienza, che fu anche attrice teatrale e cinematografica, quello che in vita le era stato negato, cioè un posto di rilievo nella letteratura del secondo Novecento. Molto è stato scritto sull’autrice catanese, che non riuscì a vedere pubblicato, in vita, il suo capolavoro, L’arte della gioia, edito parzialmente nel 1998 da Stampa Alternativa e rilanciato da Einaudi solo nel 2008, ma solo dopo un boom e un riconoscimento unanime in Francia, dove si impose come caso letterario.
La miopia degli editori
Non abbastanza è stata sottolineata la miopia dell’industria culturale italiana, sui diciotto anni passati dalla scrittrice – che in vita conobbe il manicomio e il carcere – a cercare un abito editoriale per la sua «creatura», che adesso è tradotta in tantissime lingue. C’è un volume prezioso, stampato da Croce, un editore romano, che colma questo vuoto: è Cronistoria di alcuni rifiuti editoriali dell’Arte della gioia (96 pagine, 15,90 euro), frutto del lavoro di Angelo Pellegrino, compagno di vita di Goliarda Sapienza, nata il 10 maggio 1924.
Un romanzo scomodo
Si legge in questo libricino – dove sono riprodotte fedelmente le lettere, scritte a macchina, inviate e ricevute – dei ripetuti dinieghi editoriali (di Rizzoli, Einaudi, Feltrinelli, Mondadori, Rusconi) che piovono sull’indomita Sapienza, nonostante qualche sponsor di peso – da Pertini, allora presidente della Repubblica, ai giornalisti Adele Cambria e Antonio Ghirelli, alla scrittrice Elena Gianini Belotti – nulla, però, sortisce effetto. La mole e i temi scomodi del manoscritto – le avventure di Modesta, donna anticonformista e libera, a cominciare dal sesso, nella Sicilia della prima metà del Novecento – scoraggiano tutti coloro a cui, tenace e orgogliosa, si rivolge l’autrice (che nel 1943 era stata anche partigiana, nome in codice Ester, con la brigata Vespri): interlocutori, magari non in malafede, ma paludati, polverosi e terrorizzati da impeti creativi fuori dal… consueto. Emerge un’editoria inadeguata e poco coraggiosa, che bada troppo ai conti, che rifiuta in toto una outsider delle lettere, o la approva in modo affettato, tiepido quando non del tutto scettico, cioè torna a rifiutarla, magari solo garbatamente. Intellettuale solitaria, non omologata e fuori dal coro dei circuiti letterari, immune, in vita, alle menzogne e ai ricatti del successo, Goliarda Sapienza e la sua opera meritano la consacrazione degli ultimi anni.
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