Tra invenzione lessicale e varietà formale le poesie di Roberto Maggiani in “Poscienza”, che a tratti fanno pensare al surrealismo e al futurismo (ma senza feccia ideologica). Nel vasto spettro emotivo di questi versi spicca un’aria a tratti giocosa…
Circola un’aria a tratti molto giocosa fra le settanta poesie (secondo l’Indice), raggruppate in cinque sezioni, che compongono Poscienza (127 pagine, 14 euro): raccolta di Roberto Maggiani, fisico, insegnante e poeta, oltre che cofondatore della casa editrice Il ramo e la foglia.
Vi si parla, ad esempio, di un gioco matematico che, vagando di stella in stella / aggiunge tutto ciò che manca / al buon senso della vista […] gioco che può risalire / il fiume-temporale come salmoni; un testo che sembra rielaborare e includere in sé il celebre brano del Saggiatore di Galilei a proposito della lingua in cui è scritto il libro dell’universo: una lingua, appunto, matematica, senza la cui conoscenza è impossibile intenderlo. Se poi Il gioco è matematico, come dice il titolo, altrettanto vera risulta l’affermazione speculare La matematica è gioco(sa). Nella sua (dell’autore e della matematica) giocosità, il poeta, il cosiddetto “io-lirico”, o meglio “io-interno” al testo, difatti non risparmia ironie e qualche sberleffo a sé stesso e alle amate discipline fisico-matematiche. In [sono preoccupato a causa della matita del salumiere] attribuisce alla propria matita la magica capacità di produrre formule-su-formule quasi in autonomia, e di conseguenza pure il rifiuto di risolverne alcune, nel caso specifico le inaudite (e inesistenti) equazioni-sintomatiche, su cui appunto – e qui sono io a parlare, non Maggiani – Google non fornisce alcuna conferma (rientro fra i lettori vergognosamente privi di elevate competenze fisico-matematiche). Come si risolva il preoccupante confronto agonistico con la matita del salumiere citata nel titolo lo lascio scoprire al lettore.
Nonsense e onomatopee
C’è insomma in questa giocosità sia l’esplicito richiamo a quella serissima attività che è il gioco − matematico, ipotetico-immaginativo (ad esempio Spos(i_i)n_osmosi tra due universi), lessicale, eccetera − sia l’accezione di un divertimento, direi, tipico dell’età infantile (e adolescenziale), che fluisce libero e appagato della volontà di meravigliarsi e di sbigottire l’interlocutore, di oltrepassare accostamenti verbali e concettuali realistici o verosimili, sfiorando volutamente l’incomprensibilità, e che pertanto talora ricorre a modalità espressive che ricordano il nonsense (mi è venuto in mente Lewis Carroll, l’autore di Alice’s adventures in Wonderland, matematico e appassionato di poesie nonsense). O ancora mi ha fatto pensare alle avanguardie artistiche fra cui il Surrealismo (gli arcangeli […] abitavano / nel frigorifero di Federica / insieme agli elefanti [tonnellate di elefanti]), alle esperienze figurativo-verbali nel solco dei Calligrammes di Apollinaire (in Gas di parole), o al Futurismo (depurato, ça va sans dire, della feccia ideologica dell’epoca) pure per l’uso di onomatopee e parole coniate ad hoc. Per quest’ultimo punto cito uno sbaghetonzare-forbando e il correlativo sbaghetonzamento-forbante − inseriti in Pigrizia − che sono dei puri significanti: il testo, propriamente divertente più che ironico, racconta in maniera esemplare un episodio in cui si confrontano/scontrano ad armi impari alcuni LORO e il REALE, ciascuno con la propria… struttura di pensiero, refrattaria a quella altrui (ci sarà un vincitore e uno sconfitto).
La condensazione lirica
La dimensione giocosa non definisce tuttavia l’intera raccolta, che comprende pure testi il cui tono emotivo può essere di dolore, di tristezza, di ansia, legato al pensiero dei morti, ma altresì riferito alle relazioni affettive, colte nel loro aspetto positivo, sereno, appagato. Per riprendere quanto detto sull’invenzione lessicale, ad esempio, il gluc creato nel testo omonimo è un esempio classico di onomatopea (il suono del sasso lanciato sulla superficie del fiume) su cui è costruito il sostantivo glucatore: entrambi con un significato perfettamente comprensibile all’interno del componimento, che non rientra, appunto, nell’insieme (per restare nell’ambito del linguaggio matematico) ilare-ludico di cui si è parlato nei capoversi precedenti, ed è peraltro collegato ai testi successivi in una sorta di sequenza, che è anche narrativa, attorno alla morte di uno degli amici. La sezione in cui è inserita Il gluc, cioè la terza, non a caso si intitola Amicizia, con la specificazione in esergo che essa È indistinguibile dall’amore, e racchiude composizioni che sviluppano sia i temi dell’amicizia che quelli del desiderio e dell’amore, dove soltanto nel secondo dei quindici testi ho ritrovato degli ammicchi ironico-parodistici, mentre negli altri non si coglie alcuna forma di distacco emotivo e razionale, neppure affettuoso o complice. Fra elementi narrativi, simbolici (il bicchiere, l’acqua…) e introspettivi, la condensazione lirica raggiunge il culmine nella Pentalogia dell’am♥re, di cui riporto 3X=9, cioè il terzo componimento (al netto di un’icona nel verso finale, che fatico a ritrovare nel mio computer): Ogni notte ti trovo sotto le lenzuola /{tra :la_|gatta|_e_la_|Luna|} / :→[lì] ti rubo il solito bacio / mentre_cammini tra i sogni ↓.
Saltuari brani in prosa
Altrettanto compatte dal punto di vista tematico sono le sezioni successive, cioè Carrara e Poscienzate, sempre però con la grande varietà formale che contraddistingue la raccolta, riguardo ad esempio all’estensione e alla struttura delle strofe e dei versi liberi e sciolti, oltre che per l’inserimento saltuario di qualche brano in prosa: caratteristiche riscontrabili in tutte le sezioni e che contribuiscono al carattere sperimentale dell’opera. Carrara è un felice, commosso tributo d’amore alla sua città natale, con poche, brevi espressioni in dialetto. Contiene, fra gli altri, un brano, Correlazione, nel quale, riferendosi al fatto di vivere da anni tra Roma e Carrara, “l’io interno” riflette sul fatto che Certe volte il / mio_io_là / modifica lo stato del / mio_io_qua. Un brano a mio avviso esemplare di una strategia compositiva presente anche nelle sezioni precedenti: l’accostamento, anzi, la correlazione, poetica e ulteriore, fra la chiave di lettura esistenziale, emotiva, esperienziale del soggetto, e quei riferimenti matematico-scientifici che intendono porsi come caratteristica peculiare di Poscienza. Si comprendono, o si intuiscono facilmente, i corrispettivi degli accenni ad uno sforzo adatto alla mia indole quantistica […] con probabilità non_nulla che prima o poi / si verifichi l’effetto-tunnel / e ciò ch’è qua ← si ritrovi → là / {d’un botto e senza preavviso} / | o viceversa (citazione mancante, anche stavolta, di qualche simbolo). Vere forme dialogiche appaiono poi più volte, soprattutto nelle prime sezioni, dando l’impressione di testi che esigano, ma un po’ tutti in verità, di essere letti a voce alta, eseguiti, “rappresentati” davanti a un pubblico.
Una nuova lingua comune
Aggiungo, per completezza d’informazione, che l’autore ha racchiuso il blocco delle sue poesie tra una prefazione (quattro testi in dieci pagine molto ariose) e una postfazione (tre testi in sette pagine altrettanto ariose) nelle quali argomenta il proprio pensiero sulla relazione tra poesia e scienza e delinea il progetto di – estrapolo e riduco brutalmente − comporre una nuova lingua comune (nascente proprio dalla sovrapposizione delle loro specifiche modalità espressive). Da qui la copertina, il titolo, e le settanta + una (Post-credit) poesie, anzi poscienzìe, ossia ripercussioni scientifiche nel quotidiano poetico. Per chi volesse saperne di più, rimando a questo corpus paratestuale dell’autore ed eventualmente alle sue interviste online, in cui vengono ripresi, approfonditi e articolati quei temi, consentendo al lettore di verificarne la congruenza con l’intera raccolta oppure (ed è la mia opinione) con un suo sottoinsieme.
Le versioni video
L’ultima sezione è quella che contiene alcune fra le composizioni più ardue per i lettori non adusi al linguaggio matematico della fisica quantistica e a certe sue sorprendenti e vertiginose teorie, che darebbero fondamento scientifico a un immaginario fantastico non proprio recente, ma diventato pop nell’ultimo decennio. È l’unica sezione a fregiarsi del titolo di Poscienzate, a ribadirne l’aderenza (quasi?) totale al progetto dell’autore. Mi limito a segnalare le composizioni conclusive che fanno esplicito riferimento a testi letterari molto noti: L’∞ (rivisitazione matematica della poesia L’Infinito di Giacomo Leopardi) e il più ampio Disguidi spaziotemporali proustiani. È degno di nota che di entrambi i testi l’autore abbia prodotto una versione video che riesce a trasmettere in qualche modo al “lettore” la sensazione di una parziale accessibilità: estetica, intuitiva e vaga più che lucidamente razionale; nel primo video (qui) soprattutto cercando di mantenere per quanto possibile nella lettura-riscrittura il ritmo e la musicalità del testo originale. Il secondo (qui), invece, colpisce per l’accentuato dinamismo di immagini simboliche, geometriche e realistiche, di formule scientifiche e operazioni matematiche. E soprattutto la voce che racconta-descrive-ricorda-riflette- il sovrapporsi, lo scindersi, il fluire e rifluire ipnotico, cangiante e parallelo del tempo, fa pensare a certi esperimenti poetici degli anni Sessanta-Settanta, connotati da un carattere intimamente declamatorio, finalizzati al pubblico presente lì e allora, più che al rapporto individuale, diretto, prevalentemente visivo (cioè mentale) del lettore con la parola scritta.
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