Padre Raffaele, sacerdote nel rione napoletano della Sanità, si imbatte in un delitto, e fra dissidi interiori e cattive frequentazioni – a cominciare dal fratello, boss della camorra – prova a risolvere un caso che affonda le sue radici nella comunità ebraica e nella seconda guerra mondiale. È lui il protagonista de “L’artiglio del tempo”, romanzo di Anna Vera Viva. «Lui – spiega l’autrice in questa videointervista – è un prete che si indigna e combatte contro le ingiustizie, e che ha un gran talento, quello di conoscere l’animo umano…»
In autunno Anna Vera Viva, scrittrice e sceneggiatrice, pubblicherà il terzo volume della serie di padre Raffaele, sacerdote-detective nel rione napoletano della Sanità, «un prete che si indigna e combatte contro le ingiustizie, e che ha un gran talento, quello di conoscere l’animo umano…», come racconta in questa videointervista. L’artiglio del tempo (276 pagine, 17,90 euro) Il secondo episodio, edito come il primo da Garzanti, ha come protagonisti, oltre padre Raffaele, la perpetua Assuntina, «più di una spalla, anche nelle indagini», il fratello del sacerdote, Peppino, diventato boss della camorra, e Samuele Serravalle, un sopravvissuto della Shoah, la cui morte solo inizialmente sembra accidentale; il romanzo rimbalza tra presente e passato, nella Napoli della seconda guerra mondiale, quando la città partenopea fu l’unica, in Europa, a liberarsi da sola dal giogo nazista.
Don Raffaele, la creatura di Anna Vera Viva, è segnato da un passato e da un’infanzia molto difficili, e vive la sua fede con dubbi e fragilità. «Ed è giusto che sia così – fa notare Anna Vera Viva – è molto umano, solo i personaggi di carta realizzati male non hanno dubbi. Lui è una persona molto impulsiva e veemente, specie quando crede di trovarsi davanti a un’ingiustizia. Dopo un litigio con uno dei suoi parrocchiani più in vista nella società romana, per punizione viene rimandato a Napoli, alla Sanità, dove chiaramente l’incontro e il confronto con il fratello saranno inevitabili perché vanno entrambi a governare, diciamo così, sulla stessa gente». In linea di massima L’artiglio del tempo è un giallo classico, tranne che… per qualche piccolo particolare. «Gli indizi – osserva l’autrice – sono disseminati lungo tutto il romanzo in un gioco molto leale con il lettore, però padre Raffaele utilizzerà non solo quegli indizi ma la conoscenza dell’animo umano, le sue contraddizioni. Anche lui, quando ripensa alla Shoah, è fra quanto si chiedono dove fosse Dio? Sarebbe inverosimile il contrario…».
Uno scugnizzo – l’unico vero confidente di Samuele, che con nessun altro parla della sua deportazione in un lager – accenderà la miccia della ricerca di giustizia, parola che ha sentito tante volte ripetere proprio al sacerdote. Sarà l’inizio di uno sguardo al passato, alla seconda guerra mondiale, alla vicenda del giovanissimo Samuele e del suo primo amore, Miriam, all’indomita Napoli che salvaguardò la comunità ebraica e seppe sbarazzarsi dei tedeschi. «Voglio che i miei personaggi siano verosimili – aggiunge Anna Vera Viva – nelle mie pagine non troveremo mai un personaggio negativo al cento per cento, né un altro che faccia scelte positive continuamente. Gli uomini cadono, si rialzano, sbagliano, sono buoni e cattivi, spesso contemporaneamente. Non c’è una così netta linea di demarcazione fra il bene e il male».
Qui la videointervista integrale, buona visione