Ada Castelli, protagonista de “La quarta compagna” di Orsola Severini, ricalca, romanzata, l’esistenza di Lina Morandotti, protagonista della Resistenza, capace di superare qualsiasi dolore e qualsiasi prova, la prigionia, le torture, l’internamento in manicomio. Una vera antifascista…
Le donne sono state protagoniste della Resistenza al potere nazifascista, non è mai abbastanza ricordarlo, celebrarlo. L’anno scorso la sessantunesima edizione del premio Campiello ha incoronato La resistenza delle donne di Benedetta Tobagi (ne abbiamo scritto qui), ma andando a ritroso non sono tantissimi i libri sull’argomento con una certa diffusione, L’Agnese va a morire di Renata Viganò è un classico irrinunciabile, come Diario Partigiano di Ada Gobetti, e andrebbe riscoperta anche una lettura importante, specie nell’età adolescenziale, come Partigiano Rita di Paola Capriolo.
Un viaggio mentale
A questo pugno di volumi, e visti i tempi che corrono, merita di essere affiancato il secondo romanzo di Orsola Severini (nella foto di Rocco Giurato), pubblicato dalla casa editrice Fandango Libri, La quarta compagna (173 pagine, 16 euro). La lei di turno, protagonista del secolo breve italiano, ricalca a grandi linee una partigiana realmente esistita (Lina Morandotti), che il lettore impara a conoscere nelle prime pagine da ottuagenaria, nel 1978. Orsola Severini la ribattezza Adalgisa Castelli, detta Ada, classe 1897, donna che ha davvero attraversato dolori, soprusi e violenze del ventesimo secolo, tutti quanti. Rievoca arresti, riunioni clandestine, lotte politiche e sociali, botte, perquisizioni, torture, stupri, la morte prematura della figlioletta Tosca, dialogando con un’adolescente che la madre le ha lasciato a casa: la giovane nota un dito di una mano rotto, una ferita di tanti decenni prima, durante un brutale interrogatorio. È un viaggio mentale, quello che compie la protagonista, tra le fondatrici dell’antifascismo e le esponenti del Pci che già negli anni Venti avevano capito i rischi che avrebbe corso l’Italia, una volta finita nell’abbraccio mortale del fascismo.
Perché questo era il fascismo, non un’ideologia ma un modo di rapportarsi al mondo. Prevaricare sempre, giustificare l’ingiustificabile. E poi essere viscidi e mutaforma, non credere in nulla, all’infuori della legge del più forte; non avere nessun orgoglio, non lottare per nessuna battaglia se non per i propri interessi, a qualunque costo. Essere leccapiedi con i potenti e spietati con i deboli.
Il disorientamento del padre
Coraggiosa e indomabile, amante della libertà e con i capelli corti, Ada, era una «militante operaia» del Pci, finita in cella quando il partito era diventato illegale e molti dirigenti erano fuggiti all’estero o finiti dietro le sbarre, come Antonio Gramsci. Distribuire clandestinamente copie del giornale L’Unità: questa era stata la sua prima attività nell’ambito della Resistenza. In prigione, dopo tante umiliazioni e innumerevoli patimenti, riceve la visita del padre Ambrogio, socialista di lungo corso, grazie all’intercessione di un giudice che vuol convincerla a ritrattare la sua fede comunista, a pentirsi, a tradire i suoi ideali. Lei non riesce a comprendere nemmeno il genitore che, in pena per la figlia, farfuglia: «… Senza soldi, senza famiglia e tu in galera e con i segni delle botte. Forse hanno ragione loro, forse questo Mussolini è veramente quello che serve al nostro paese, non so più cosa pensare Ada…»
L’amica di sempre
Il segreto più doloroso che porta con sé sono tre anni trascorsi nell’ospedale psichiatrico di Mombello, dove in qualche modo viene salvata dalla compassione e dal senso di giustizia di un medico che le evita il Tribunale speciale e una sicura condanna. Cicatrici e percosse fisiche e mentali lasciano il segno per il resto della vita, ma tornata libera Ada riuscirà ancora a farsi valere, dalla parte giusta, e a trovare quiete grazie a Ivana, più giovane amica, di origini slovene. L’innegabile bravura di Orsola Severini risiede nel tratteggiare gli anni più orrendi della storia italiana, senza indugiare nella retorica, ma condannando fermamente il male che tanti minimizzano o derubricano ancora adesso. Leggete La quarta compagna, farete fatica a dimenticare lo sguardo di Ada che si posa sul mondo, il suo essere indomabile, il suo riuscire a vivere e sopravvivere sempre, dinanzi a ogni prova…
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