Appare per la prima volta in Italia “Tredici Robinson” di Sholem Aleichem, gigante ironico della letteratura yiddish. Una variazione sul tema, ai primi del Novecento, del romanzo di Daniel Defoe, in cui i naufraghi su un isola deserta sono tredici e tutti ebrei, in disaccordo su qualsiasi argomento. Un libro che strappa sorrisi e risate, ma che non smette di far riflettere sul sogno di una terra promessa del popolo eletto e sulle fazioni e contrapposizioni tra gli stessi ebrei. Un nuovo appuntamento con la rubrica Area 22 (qui tutte le puntate), dedicata alla letteratura e alla cultura ebraica
Prima traduzione in italiano, a oltre cent’anni dall’edizione originale, per un’opera del più grande umorista della letteratura yiddish. È un balsamo ritrovare la voce di Sholem Aleichem (pseudonimo che l’editoria italiana ha reso in almeno un altro paio di versioni, a causa della diversa traslitterazione del nome), il magistrale autore di Tewje il lattaio (di recente passato dal catalogo Feltrinelli a quello Bollati Boringhieri), Un consiglio avveduto (Adelphi) e Stazione di Baranovitch (Marietti), di cui abbiamo scritto qui, e di una felice anomalia, nel contesto della sua produzione, come lo struggente Cantico dei cantici, Un amore di gioventù in quattro parti (sempre nel catalogo Adelphi). La nuova gemma, fin qui inedita e non tradotta, è Tredici Robinson (134 pagine, 13 euro), splendida sorpresa confezionata dalle edizioni di Storia e Letteratura. Non è così singolare trovare uno smaccato riferimento al romanzo di Daniel Defoe, che ebbe vastissime eco e risonanza nel mondo ebraico, tanto da alimentare varie riscritture, quando non parodie. Il volume delle edizioni di Storia e letteratura è curato e tradotto da Stefania Ragaù, dottoressa di ricerca in Storia contemporanea alla Normale di Pisa, esperta di ebraismo e storia del sionismo, che in quasi trenta pagine, con cura e rigore, ricostruisce il contesto e presenta la vicenda editoriale che portarono Sholem Aleichem a pubblicare (inizialmente a puntate, nel 1907) questo piccolo romanzo di racconti, che si possono leggere anche autonomamente.
La difficile ricerca di una patria
Tredici naufraghi ebrei (lo scrittore – alter ego dell’autore – il nazionalista, il capitalista, l’ortodosso, il sionista, il socialista, ecc.), estremamente litigiosi e d’accordo su nulla, finiscono in un’isola deserta, scaraventati lì da una fragorosa tempesta. Una landa che ai loro occhi apparirà come una terra promessa, da colonizzare. e magari trasformare a loro immagine e somiglianza: proprio a causa dell’assenza di qualsiasi intesa, la loro prima repubblica ebraica sarà costituita da tredici diversi stati, con altrettante costituzioni e lo stesso numero di idiomi diversi parlati. La loro storia culminerà nella quintessenza dell’ironia firmata Sholem Aleichem.
… considerando che la nostra terra era stata ceduta agli stranieri, che avevamo vissuto così a lungo in esilio e che eravamo dispersi per tutto il mondo, lui vedeva in tutto ciò un segno divino, secondo cui noi non avremmo dovuto possedere una nostra terra. Intendeva dire che probabilmente avevamo così tanto peccato contro Dio che concederci una nostra terra sarebbe stato come agire contro al volontà divina… e chi mai vorrebbe opporsi al giudizio di Dio?
Le varie anime del popolo eletto
Non solo la ricerca di una patria comune, ma anche un ragionamento sulle varie anime politico-ideologiche, egoistiche fazioni, in seno al popolo eletto, emerge dalle pagine di Tredici Robinson di Sholem Aleichem. I bizzosi e ingenui personaggi coltivano sguardi sul mondo completamente diversi e distanti fra loro, Da questi contrasti – che riflettono anche la situazione del mondo intellettuale ebraico di New York, che Sholem Aleichem frequentò in due diversi periodi della propria vita – emergono gli spunti più brillanti della narrazione. È una pubblicazione che colma un vuoto e regala un nuovo tassello di valore nell’universo narrativo di Sholem Aleichem, eroe popolare dei lettori in lingua yiddish di tutto il mondo.
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