“I Neoplatonici di Luigi Settembrini. Gli amori maschili nel racconto e nella traduzione di un patriota risorgimentale” è un dotto saggio dello scrittore Domenico Conoscenti, un’indagine letteraria. Conoscenti analizza le fortune critiche del divertissement che il patriota napoletano, poi senatore, Luigi Settembrini scrisse, sottolineandone la modernità e lo sguardo ironico, senza caricature e stigmatizzazioni, sull’amore di due giovinetti, Callicle e Doro…
Se non fosse un ostinato e raffinato studioso, il palermitano Domenico Conoscenti avrebbe regalato qualche opera narrativa in più ai lettori che l’hanno scoperto nel ‘97 col romanzo La stanza dei lumini rossi (in origine e/o, adesso Il Palindromo, qui l’articolo) e ritrovato qualche anno fa coi racconti di Quando m’apparve amore (Mesogea), qui l’articolo. Domenico Conoscenti – autore recentemente dei versi di Intimo Paradiso, ne abbiamo scritto qui, – è anche autore un saggio, I Neoplatonici di Luigi Settembrini. Gli amori maschili nel racconto e nella traduzione di un patriota risorgimentale (222 pagine, 22 euro), che si è imposto al Premio Studi GLBTQ e per questo è stato pubblicato da Mimesis.
Una falsa traduzione dal greco
Al centro della sua indagine letteraria c’è un dotto pastiche omoerotico ambientato nell’antica Grecia, un divertissement con metafore floreal-fruttate (le mele, il garofano, la rosa…) firmato dal napoletano Luigi Settembrini, padre della patria finito nelle prigioni borboniche e, dopo l’Unità, rettore e senatore. La pubblicazione di quello che Settembrini scrive e, per celia, spaccia come traduzione dal greco di una novella licenziosa (firmata dal mai esistito Aristeo di Megara), avvenne cent’anni dopo la morte, attraversando silenzi e veti. A quando risale esattamente? L’autore dimostra che la composizione de I Neoplatonici non è esattamente databile, ma la copia della biblioteca di Napoli appartiene per motivi stilistici e tematici al Settembrini post-unitario.
Eros senza tormenti e angosce
Conoscenti non rimesta nel presunto scandalo, non fruga nell’ipotesi di outing postumo (un legame tra Settembrini e Silvio Spaventa, otto anni assieme dietro le sbarre?), semmai ne analizza le alterne fortune critiche; dà un peso relativo allo storico no con cui Benedetto Croce avrebbe sconsigliato la pubblicazione de I Neoplatonici, sottolineando l’omofobia del tempo (1937) in cui il testo fu rinvenuto, e del curatore Raffaele Cantarella, che a lungo non volle incrinare cipiglio e austera immagine da marito e padre del patriota. Questo «unicum» ottocentesco – una ventina di pagine cesellate, in coda al volume, versione più filologicamente aderente al manoscritto – affronta con descrizioni esplicite una omosessualità gioiosa e paritaria (per uguaglianza dei ruoli tra partner), compatibile con una serena e borghese bisessualità. Callicle e Doro, i due giovinetti che per tutta la vita vivranno, fra diletto ed estasi, una relazione sessuale (in una fase anche un triangolo con il loro maestro, il filosofo Codro) e affettiva, sposano rispettivamente due fanciulle, Psiche e Ioessa. Non c’è rimorso nell’eros, non ci sono tormenti, vergogne, inquietudini, «smanie né angosce», semmai «quell’amore che secondo il divino Platone, gli Dei mettono nel petto soltanto dei savi». C’è nelle pagine di Settembrini uno sguardo ironico, anche goliardico, ma mai caricature, moralismi o stigmatizzazioni: felici modalità di rappresentazione dell’omosessualità, pionieristica impronta di modernità, salto nel futuro.
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