Garibaldi è piuttosto defilato nel romanzo “La leggenda di Anita” di Enrico Brizzi, che racconta infanzia e giovinezza di quella che diventerà sua moglie: brasiliana, costretta a un matrimonio combinato, ribelle e scandalosa, sempre al fianco dei più deboli. Seguirà Garibaldi in Europa, impetuosa e coraggiosa, non rassegnandosi mai a una vita.. tranquilla. In attesa del sequel di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, un magnifico romanzo di avventura e libertà
Quel geniaccio sparigliatore di Enrico Brizzi non ha resistito all’idea di rivelare in diretta tv il ritorno del vecchio Alex in libreria per il prossimo autunno, cioè il sequel del romanzo generazionale italiano per eccellenza, un must degli anni Novanta, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Un piccolo evento – a pubblicare il libro, già adesso attesissimo, sarà Harper Collins – per chi è rimasto legato a un romanzo semplice, ingenuo, eppure capace di fissarsi nella mente di molti, soprattutto ormai over 40. Una mossa mediatica niente male, se non fosse che è uscito da pochissimo uno dei suoi tipici torrenziali romanzi, da gustarsi e bersi, perché per affabulazione e passione, Brizzi, non ha mai perso lo smalto. E rischia di restare mediaticamente oscurato. A volte qualche trama sarà sembrata non perfettamente congegnata, altre volte chi legge Brizzi ha dovuto fare i conti con qualche estenuante racconto di troppo sui percorsi battuti a piedi. Ma la vena narrativa di Brizzi è sempre stata felicissima e si è accesa anche nella più recente prova, un romanzo storico con una protagonista che si può solo amare, Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, quella che poi sarebbe diventata la compagna di Giuseppe Garibaldi, Anita.
Eroina popolare che ama la libertà
Nomi, quello di Anita e Giuseppe Garibaldi, che si rincorrono e si agitano nella mente dello scrittore bolognese da tempo. Basti pensare che già una dozzina di anni fa aveva intrapreso un viaggio a piedi da Roma a Venezia, sulle tracce dell’itinerario dei Garibaldi. Non è una novità assoluta, anche in Italia, un’imbastitura romanzesca sulla moglie di Garibaldi (ad esempio nel primo romanzo di Alessandro Mari, Troppa umana speranza – chissà se Brizzi l’ha letto, ne abbiamo scritto qui – appare come Aninha, il nome con cui era chiamata in famiglia), però un tributo letterario del genere non si era ancora visto, la celebrazione di un talento rivoluzionario, di una combattente che fin da giovanissima non esitava a mettersi in gioco e a lanciare segnali di anticonformismo e lotta. Il titolo è La leggenda di Anita (288 pagine, 16,90 euro) e il volume è pubblicato da Ponte alle Grazie. Una storia popolare e ammaliante, un’eroina che prova a fare a pezzi un mondo classista e patriarcale, un personaggio che ama «il profumo inebriante della libertà». Un resoconto che tiene conto della verità storica, ma consente a Brizzi di prendersi qualche lecita licenza romanzesca.
Come un soldato impavido
Alla Storia che ha bollato Anita solo come la grande donna accanto a un grande uomo, Brizzi replica con una storia rutilante ed epica: giovanissima Anita è capace di cavalcare come un “tropeiro”, un mandriano scafatissimo, fiuta il vento, riconosce le piste, orfana del padre Bento, ispirata dallo zio Antonio, capisce in fretta cosa è il senso di giustizia, è indomita, non si preoccupa di scandalizzare, con le parole, con l’approccio, con il corpo. Nonostante la forte personalità, a quattordici anni è costretta dalla madre a sposare un calzolaio molto più anziano, Manuel Duarte, che sa solo maltrattarla. Diciottenne s’imbatterà nel suo futuro, incontra Giuseppe Garibaldi, fuggito dall’Europa e sbarcato in Sud America, pronto a unirsi a nuove rivolte, a cominciare da quella dello stato di Rio Grande. E lei – colpo di fulmine reciproco, è lui a ribattezzarla Anita, lei lo chiama José – non esiterà a seguirlo. Da lì in avanti sarà un susseguirsi di avventure, vittorie, sconfitte, prigionie, fughe, i due si perdono, si rintracciano, poi non si separano. Dal Brasile all’Uruguay Anita sarà ben più che all’altezza di Garibaldi – che rimane quasi dietro le quinte e, di fatto, compare solo dopo la prima metà del romanzo – impavida, furba, idealista, madre, segnata solo dalla morte di una figlia, Rosita, l’unica cosa che la mette davvero in crisi. Un esempio per le donne: «sentiva di poter diventare una vivente pietra di scandalo per le più prudenti e un esempio per tutte le altre». Sfuggendo a un angusto orizzonte “casalingo” («…mille volte meglio che invecchiare un giorno alla volta a forza di bere mate e giocare a dama, cambiare pannolini e ritirare i figli davanti alla scuola»), sarà al fianco del marito fino alla fine, come un soldato, sempre in nome della libertà, sempre, contro i francesi in Italia, contro i portoghesi in Brasile, per una società migliore, in cui non ci siano più schiavi, e dove i più deboli siano sempre protetti.
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